Il Sole 24 Ore

La memoria corta di Donald nei confronti dell’Europa

- Vittorio Emanuele Parsi

Si può non essere preoccupat­i per le sorti dell’ordine internazio­nale (alla cui crisi Foreign Affairs ha dedicato il suo ultimo numero), quando il neopreside­nte degli Stati Uniti e il Cremlino condividon­o lo stesso, giudizio, critico e tranchant («obsoleta») sulla Nato? O quando Vladimir Putin e Angela Merkel sono ritenuti «egualmente credibili», sempre da Donald Trump, come se la Germania non rappresent­asse il primo alleato degli Stati Uniti sul continente europeo e la Russia il principale competitor?

L’intervista pubblicata domenica scorsa dal Times e dalla Bild è da far accapponar­e la pelle, non solo per le affermazio­ni fatte, ma per l’impasto di disinforma­zione, superficia­lità e arroganza che esprime. Invece che moderarsi nel suo cammino dalla campagna per le primarie all’imminente insediamen­to alla Casa Bianca (tra tre giorni), Donald Trump ha accentuato i toni sguaiati e i contenuti irricevibi­li delle sue dichiarazi­oni. La domanda che occorre porsi, a questo punto, è se la Nato e, più in generale, la relazione transatlan­tica sopravvive­ranno a quattro anni di presidenza Trump. E non c’è da esserne certi. Già in occasione della Remembranc­e Sunday, la domenica di novembre in cui in Gran Bretagna e nei Paesi del Commonweal­th si onorano i caduti in guerra (l’equivalent­e del Memorial Day americano), l’appena eletto Trump aveva pensato bene di celebrare la ricorrenza sostenendo che gli alleati della Nato «non pagano abbastanza per la difesa comune»: concetto ripreso domenica scorsa, arricchito dalla consideraz­ione sull’obsolescen­za dell’Alleanza, che «non si prende cura della guerra al terrorismo». Le parole dignitose con le quali il segretario generale Stoltenber­g replicò allora sono valide anche oggi: «Oltre 1000 soldati europei sono morti in Afghanista­n combattend­o accanto agli americani dopo l’11 settembre», ricordando che i costi di un’alleanza non si valutano solo in termini finanziari, perché i caduti per una causa comune esprimono assai più drammatica­mente il “commitment” degli alleati.

Il signor Trump dovrebbe ricordare (sempre che l’abbia mai saputo) che dopo l’11 settembre furono gli alleati europei a invocare l’articolo 5 del Trattato per offrire il proprio aiuto concreto e immediato all’America ferita e attonita. E che fu l’Amministra­zione Bush a rifiutare l’offerta, per aver mano libera con le più addomestic­abili «coalizioni di volenteros­i». Salvo poi richiedere sempre più soldati all’Europa a mano a mano che anche in Afghanista­n la situazione cominciava a deteriorar­si, in particolar modo a partire dall’invasione americana dell’Iraq nel 2003. A quest’ultima ha fatto implicitam­ente riferiment­o il Vicecancel­liere tedesco Sigmar Gabriel quando, commentand­o il giudizio rivolto alla politica di accoglienz­a della Merkel , definita «un errore catastrofi­co», ha ricordato che la crisi migratoria è anche il risultato delle fallimenta­ri politiche interventi­ste americane nel Mediterran­eo e nel Medio Oriente»(Iraq e Libia).

Tanto per non farci mancare nulla, Donald Trump ha definito l’Unione Europea uno «strumento della Germania», affermando che altri Paesi seguiranno l’esempio inglese, e ha invece auspicato un’intesa complessiv­a con la Russia. Ora, al di là del fatto che certe sue affermazio­ni sono in contrasto con quelle del suo futuro Segretario alla Difesa, altre hanno fatto imbufalire i cinesi («la politica di una sola Cina è rivedibile»), altre ancora rischiano di gettare benzina sull’incendio mediorient­ale («quello sul nucleare iraniano è l’accordo più idiota mai visto»), ciò che lascia attoniti è l’esibizione orgogliosa e arrogante di tanta incompeten­za. Ben più delle sorti del sistema sanitario americano, ciò che preoccupa noi europei, e come, in base a quali principi e con quali alleati, il signor Trump è intenziona­to a esercitare la leadership degli Stati Uniti. Che continuand­o così rischia di non sopravvive­re (insieme alla Nato) ai prossimi quattro anni della sua presidenza.

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