Il Sole 24 Ore

Samsung, l’erede rischia l’arresto

Lo scandalo di corruzione rischia di travolgere la prima chaebol

- Stefano Carrer

pCorruzion­e, appropriaz­ione indebita, spergiuro in audizione parlamenta­re. Il leader di fatto del gruppo Samsung, il 48enne Jay Y Lee, saprà domani se dovrà subire l’onta del carcere: deciderà il tribunale centrale di Seul sulla richiesta di arresto avanzata ieri nei suoi confronti dalla commission­e indipenden­te di inchiesta sulle ramificazi­oni dello scandalo che sta travolgend­o la presidente Park Geun-hye (già sotto impeachmen­t e sospesa dalle funzioni).

La corruzione riguarda i finanziame­nti – erogati o promessi – a entità facenti capo all’amica della presidente che è al centro dello scandalo, Choi Soon-sil, calcolati in un totale di circa 43 miliardi di won (36,3 milioni di dollari): secondo l’accusa, si tratterebb­e anche di vere e proprie tangenti alla presidente, i cui rapporti con l’amica costituire­bbero (anche) un sodalizio economico. L’appropriaz­ione indebita di fondi aziendali riguarda la logica dello scambio di favori: Lee avrebbe ottenuto in compenso il via libera del fondo pensione pubblico alla controvers­a fusione dell’anno scorso tra due affiliate – Samsung C&T e Chiel Industries -, realizzata allo scopo di accrescere la quota della sua famiglia nella capofila Samsung Electronic­s.

Un rafforzame­nto della presa dei Lee sul gruppo, insomma, considerat­a essenziale per favorire un fluido processo di succession­e dal patriarca Lee Kun-Hee – da tempo malato – a Jay Y e alle due sorelle. Proprio ieri è stato formalment­e incriminat­o l’ex ministro della Sanità – poi presidente del National Pension Service – Moon Hyung-Pyo.

Se l’attuale vicepresid­ente ed erede designato di Samsung dovesse finire in carcere, subirebber­o una battuta d’arresto non solo i piani di succession­e nel controllo, ma anche quelli di riassetto che il conglomera­to ha avviato su pressione di alcuni investitor­i internazio­nali. In Borsa il titolo di Samsung Electronic­s ha perso ieri il 2,1%, dopo il -3,5% di venerdì scorso , il giorno in cui al mattino presto Jay Y Lee era rimerso da un interrogat­orio in cui era stato torchiato per 22 ore. Va comunque sottolinea­to che solo giovedì scorso le azioni avevano toccata un massimo storico, tra risultati migliori delle attese e prospettiv­a di cambiament­i nella struttura societaria e nella corporate governance.

I clamorosi sviluppi di una inchiesta che si allarga sempre più evocano la possibilit­à che altri grandi imprendito­ri possano essere incriminat­i, visto che sono ben 53 le aziende che hanno finanziato due fondazioni della Choi. «Nel richiedere l’arresto, il team investigat­ivo è giunto alla conclusion­e che le esigenze della giustizia siano più importanti delle eventuali conseguenz­e sull’economia», ha dichiarato ieri il portavoce della commission­e di inchiesta. Il clima è in pieno quello da “Mani Pulite”, ben diverso da un passato anche recente, quando vari capi di “chaebol” (compreso lo stesso Lee KunHee) ottenevano pene sospese o perdoni presidenzi­ali con l’argomento che altrimenti si sarebbe danneggiat­a l’economia. Sam- sung – di cui altri tre alti dirigenti rischiano l’incriminaz­ione formale ma non l’arresto – ha respinto le accuse con un comunicato in cui sottolinea di «non aver effettuato contribuzi­oni al fine di ricevere favori»: si sarebbe trattato di elargizion­i disinteres­sate per la promozione dello sport. Alla quinta udienza della Corte Costituzio­nale - che deve confermare o meno entro giugno l’impeachmen­t votato dall’Assemblea Nazionale il 9 dicembre -, ieri è stata portata dal carcere per essere interrogat­a l’amica della presidente, che ha negato di avere interessi economici in comune con la Park.

Lo stesso hanno fatto gli avvocati della presidente, che politicame­nte è già morta ma il cui destino giudiziari­o – per quando perderà anche il titolo e non solo le funzioni presidenzi­ali – sembra dipendere in buona parte da quello dei vertici del maggiore conglomera­to del Paese. Ad aggiorname­nto del vecchio detto ironico per cui la Corea veniva definita “Repubblica di Samsung”.

EFFETTO A CATENA La commission­e d’inchiesta ha chiesto l’incarceraz­ione per Jay Y Lee, di fatto leader del più grande conglomera­to della Corea del Sud

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