Il Sole 24 Ore

Se la Cina è paladina dell’ordine mondiale

- Di Giorgio Barba Navaretti barba@ unimi. it

Chi avrebbe pensato, anche solo due anni fa, che il presidente degli Stati Uniti potesse dichiarare che la disgregazi­one dell’Unione Europea fosse una buona cosa? E ch i avrebbe pensato che il presidente della Cina si proponesse come il paladino dell’ordine internazio­nale fondato sulla globalizza­zione? Ora è così: l'ordine è sottosopra, e la vista che si gode guardandol­o a testa in giù è piuttosto inquietant­e.

Molti, io con loro, speravano che gli avveniment­i politici dell’ultimo anno fossero un semplice periodo di turbolenza, un vuoto d’aria temporaneo. Che Trump presidente fosse più saggio del Trump candidato; che la Brexit fosse super-soft, al punto da auto-rinnegarsi. Insomma che il temporaneo disordine tornasse ad essere rapidament­e il solito ordine, con qualche aggiustame­nto al margine. Qualche speranza rimane, ma molto probabilme­nte ci siamo sbagliati. Dunque, che si vede a testa in giù?

Viene meno un percorso che, per quanto lento e faticoso, fonda l’integrazio­ne economica tra i Paesi su sistemi di valori e regole condivise. Il che non riguarda solo i vantaggi della specializz­azione, dello sfruttamen­to delle economie di scala, dell’accesso ad una varietà molto maggiore di prodotti, insomma i fondamenti del libero scambio tra Paesi. Riguarda, piuttosto, l’asse di valori e di istituzion­i avanzate che Europa e Stati Uniti condividon­o e di cui sono stati i portatori. Economie di mercato, fondate sulla concorrenz­a leale, sulla sicurezza dei consumator­i, sulle buone condizioni del lavoro, sull’innovazion­e, sulla riduzione dell’inquinamen­to. Certo, questo modello si è incrinato e non riesce più a distribuir­e benefici per tutti. Certo, va corretto. Ma nuove barriere tra le due grandi aree dell’Occidente non sono il correttivo necessario. Il rallentame­nto, se non la fine, del lento progresso verso il rafforzame­nto e la convergenz­a dei valori condivisi, su cui è stata fondata la globalizza­zione finora, rischia di essere la principale vittima sacrifical­e delle nuove barriere.

Benissimo se ora la Cina si farà paladina del libero scambio. La dimensione e il grado di integrazio­ne globale che ha oramai raggiunto l’impero di mezzo lo rendono un leader ovvio e naturale. Ma l’idea di globalizza­zione che deriverà dalla Cina sarà molto diversa da quella promossa dai Paesi occidental­i. Non sarà fondata necessaria­mente sullo stesso sistema di valori e istituzion­i. Bensì, su condizioni di lavoro inaccettab­ili in occidente, sull’interferen­za dello Stato nell’economia, su standard di inquinamen­to non altrettant­o stringenti e su libertà civili e di espression­e non propriamen­te democratic­he.

La principale potenza occidental­e non persegue più l’associazio­ne tra libero scambio e valori civili. Rinnega il principio che il benessere di un Paese possa derivare da una maggiore integrazio­ne con il resto del mondo e con America First afferma invece la priorità e la superiorit­à nazionale.

Perché Trump sostiene la Brexit e rinnega l' Unione Europea? Perché condivide la radice nazionalis­ta di Brexit, e rinnega la riduzione della sovranità nazionale su cui si fonda invece l’Unione Europea. Appunto ideologica è la ragione per cui Trump lancia alla May la ciambella di un accordo immediato di libero scambio, mentre rinnega l'accordo con la Unione Europea, il Ttip.

Scelta che non ha nessun senso eco-

IL NUOVO RUOLO Il messaggio a favore della globalizza­zione fatto dal presidente Xi indica che Pechino è pronta a rispondere alle barriere Usa

nomico. Per gli Usa è molto più interessan­te, se non altro per motivi dimensiona­li, l’accordo con l’Europa. Il nuovo club, dunque, non si basa sui vantaggi economici, ma sulla condivisio­ne di un’ideologia in conflitto con i principi su cui nel bene o nel male America ed Europa hanno finora fondato la propria prosperità e la propria alleanza e che sono lo statuto del vecchio club.

Il protezioni­smo non sarà in grado di correggere i difetti e le distorsion­i del libero scambio. Più frontiere inevitabil­mente portano all’autarchia, difficilme­nte ad una terra di mezzo con barriere selettive e confini un po’ più marcati di prima. Se Trump fa davvero sul serio, genererà azioni e reazioni di chiusura. Il messaggio a favore della globalizza­zione di Xi, indica che la Cina è pronta a rispondere alle nuove barriere americane. Il gioco sarà duro

Il protezioni­smo fa male a chi lo subisce e anche a chi lo pratica, anche se spesso non se ne accorge. Non ridurrà le disuguagli­anze, il malessere e il disagio profondo che hanno fatto di Trump il nuovo presidente americano. Il mondo sottosopra è per nulla rassicuran­te.

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