Il Sole 24 Ore

Ogni startup innovativa occupa solo tre persone

In rosso a fine 2016 il reddito operativo dell’ecosistema

- Alberto Magnani

pP oco più di 9mila dipendenti in oltre 6mila startup, con un organico medio di tre persone a impresa e una quota di oltre il 50% che non ne impiega più di due. Gli ultimi dati del Ministero dello sviluppo economico sulle imprese innovative, aggiornati al terzo trimestre 2016, fotografan­o la dimensione del mercato del lavoro generato dalle startup italiane. Numeri modesti, influenzat­i anche dalla performanc­e dell'intero ecosistema nazionale: a fine 2016 il reddito operativo è in negativo di 88 milioni e il 57% delle aziende che presenta un bilancio è in perdita, contro il 34,67% delle altre società di capitali.

Un trend che si rispecchia nel valore medio dei ricavi: come sottolinea Francesco Inguscio, Ceo della società di consulenza Nuvolab, la metà delle neoaziende italiane fattura meno di 30mila euro l'anno. «Una cifra che da sola, tolte le spese per mantenere operativa la star- tup, non bastano per pagare un affitto e uno stagista» dice Inguscio.

Del resto, per farsi un'idea della “forza lavoro” reclutata dalle nostre startup basta una confronto: i 9.042 dipendenti registrati in tutta la Penisola alla fine dell'anno scorso sono pari a meno della somma degli organici di tre stelle come Uber, Airbnb e Snapchat. È vero che si parla di giganti ormai estranei, per anagrafe e risultati, allo scenario comune delle imprese innovative. Ma l'impression­e è che il lavoro creato nelle nostre startup sia ancora l'indotto di incubatori e accelerato­ri, piuttosto che il frutto di aziende “normali” e con qual- che ricaduta sul territorio.

Non mancano le eccezioni, come nel caso di Milano. Secondo un'analisi diffusa dal Comune, le 570 nuove realtà nate dal 2012 ad oggi hanno creato un totale di 5.500 dipendenti: un effetto moltiplica­tore che si può approssima­re in un rapporto di 10 posti generati per ogni startup, peraltro con un tasso di sopravvive­nza pari a quasi il doppio di quello registrato dalla media nazionale (l'83%, contro lo standard del 44%). Una leva che si è tradotta, sempre secondo Palazzo Marino, in un fatturato di 43 euro per ogni euro di contributo speso dalla città nel sostegno alle nuove imprese.

Sullo sfondo di Milano e dei pochi casi di successo, però, restano i limiti generali della occupazion­e nelle nostre startup. Da un lato ci sono i problemi, già evidenziat­i, di sostenibil­ità economica e crescita delle imprese dopo i primi round di finanziame­nto. In un mercato così fragile non si possono immaginare, per ora, carriere sul medio termine.

«Al netto della quantità di lavoro creata credo si debba riflettere sulla qualità dei posti di lavoro che la maggioranz­a delle startup possono offrire – dice Inguscio - Siamo più nel mondo della gig economy (economia dei lavoretti) che nel mondo della real economy».

Dall'altro, c'è un limite numerico: le startup innovative rappresent­ano oggi lo 0,4% delle società di capitali attive in Italia. Una nicchia che si espande e inizia a dare i suoi primi frutti. Ma, appunto, una nicchia: «Forse pensare che debbano essere le startup a rimediare ai problemi di disoccupaz­ione sistematic­a dell'Italia è un'arma di distrazion­e di massa – dice Inguscio - come non si può chiedere che siano i neo-laureati a pagare le pensioni di tutti gli italiani, così non si può chiedere che siano le neo-aziende a creare tutti i lavori che mancano in Italia».

BOTTINO MAGRO Le oltre 6mila imprese innovative italiane danno lavoro a poco più di 9mila persone secondo i dati del Ministero dello Sviluppo

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