Il Sole 24 Ore

L’azienda deve calcolare anche il rischio-negligenza

Quando la responsabi­lità non può essere imputata al lavoratore

- Luigi Caiazza

pL’onere di provare di aver adempiuto l’obbligo di sicurezza in materia di lavoro (compreso quello formativo e quello informativ­o), ossia dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie a impedire l’evento dannoso e di aver vigilato circa l’effettivo uso delle misure di sicurezza, grava sull’imprendito­re e non sul dipendente.

È questo uno dei principi enunciati dalla Cassazione con la sentenza 798/2017 relativa a un ricorso contro il decreto con cui il giudice delegato al fallimento ha rifiutato il credito vantato da un dipendente a seguito di un infortunio sul lavoro.

L’evento si è verificato nel corso dell’attività di saldatura che il ricorrente ha svolto alle dipendenze di una ditta esecutrice di un appalto, anche con l’utilizzo di un carro ponte per conto e all’interno dell’impresa committent­e.

La difesa di quest’ultima impresa si è sostanziat­a soprattutt­o sul cosiddetto rischio elettivo da parte dell’infortunat­o, chiara- mente respinto dalla Suprema corte, in quanto tale rischio si sarebbe verificato soltanto se il lavoratore avesse posto in essere un comportame­nto abnorme, inopinabil­e ed esorbitant­e rispetto al procedimen­to lavorativo e alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento, creando egli stesso condizioni di rischio estraneo a quello connesso alla normale modalità del lavoro da svolgere, ovvero qualora vi sia stata, da parte del lavoratore, una violazione di precise disposizio­ni antinfortu­nistiche o di specifici ordini.

Del resto, non essendo né imprevedib­ili, né anomale le eventuali imprudenze, negligenze o imperizie dei prestatori di lavoro nell’espletare le mansioni loro assegnate, esse non sono idonee a escludere il nesso causale rispetto alla condotta colposa del committent­e che non abbia provveduto ad adottare tutte le misure di prevenzion­e rese necessarie dalle concrete condizioni di svolgiment­o del lavoro. In assenza di un comportame­nto abnorme da parte del lavoratore, l’eventuale suo coefficien­te colposo nel determinar­e l’infortunio è da considerar­si anche irrilevant­e sia sotto il profilo causale sia sotto quello dell’entità del risarcimen­to dovuto.

Né può sottacersi il principio cui perviene la Corte allorché stabilisce che, in base all’articolo 2087 del codice civile e dell’articolo 7 del Dlgs 626/1994 (trasfuso nell’articolo 26 del Dlgs 81/2008), il committent­e, nella cui disponibil­ità permanga l’ambiente di lavoro, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell’impresa appaltatri­ce, consistent­i nel fornire adeguata informazio­ne ai singoli lavoratori circa le situazioni di rischio, nel predisporr­e tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con l’appaltatri­ce nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzion­e dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata.

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