Aziende strategiche, piano del governo
Allo studio misure per la difesa degli asset: più trasparenza sugli investimenti ester i - Il documento di Palazzo Chigi Rafforzamento delle comunicazioni alla Consob e del golden power
Il governo studia possibili misure per aumentare gli obblighi di trasparenza a carico di acquirenti di imprese italiane ritenute strategiche. Si valuta di richiedere piani dettagliati sull’investimento, da inoltrare alla Consob, oltre la soglia del 5%. Un documento di Palazzo Chigi propone poi un rafforzamento del «golden power».
Il governo si muove sulle aziende strategiche chiedendo chiarezza sui piani di investimento. Potrebbero essere fissati nuovi obblighi, in modo particolare per operazioni di fonte extra Ue o effettuate da imprese di Paesi che non rientrano tra le economie di mercato (la Cina ad esempio).
Ieri, rispondendo a un’interrogazione di Ap, il ministro per i rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro è intervenuta sul tema citando la replica preparata dal ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, in missione a Berlino. Ribadendo la valutazione negativa sulle modalità dell’affondo di Vivendi su Mediaset, il Governo afferma che si valuta «l’opportunità di introdurre una regolamentazione (comunque non retroattiva, ndr) che incrementi gli obblighi di trasparenza a carico degli acquirenti, esaminando anche le normative vigenti in altri Paesi e nell’Ocse».
Si tratterebbe di modifiche significative all’attuale legislazione, ancora allo studio del ministro dello Sviluppo economico e di Palazzo Chigi. Due ipotesi valutate nelle ultime settimane portano a una possibile norma ispirata alla Sec, l’autorità di Borsa americana, e a un rivisitazione del «golden power». Nel primo caso l’istruttoria tecnica sarebbe a buon punto. Si imporrebbe all’investitore che supera l’acquisto del 5% di fornire alla Consob un’informativa dettagliata sui pia- ni di investimento, quantomeno in situaizoni strategiche o di potenziale conflitto di interessi. Nel secondo caso le valutazioni sono in una fase meno matura.
Comunque - stando a orientamenti di Palazzo Chigi - il golden power potrebbe essere esteso per campo di applicazione e per modalità di esercizio, ad esempio prevedendo una fase negoziale tra governo e investitore straniero per confrontarsi sui piani.
In entrambi i casi il governo punterebbe a ottenere garanzie su permanenza in Italia di asset produttivi strategici, competenze e posti di lavoro.
Il bilancio del golden power
Il golden power,introdotto in Italia in sostituzione della vecchia «golden share» bocciata dalla Ue, finora si è rivelato un'arma spuntata. Utilizzata in forma light e solo per poche operazioni minori. Il bilancio appena pubblicato dal governo mette in luce tutte le fragilità di una normativa che paradossalmente rischia di diventare più attuale in una fase storica dominata da un’ondata di investimenti esteri (più o meno ostili). Secondo la Relazione trasmessa al Parlamento «in materia di esercizio dei poteri speciali», dal 3 ottobre 2014 al 30 giugno 2016 sono stati emanati solo 2 decreti con prescrizioni su 30 operazioni notificate, mai si è arrivati a porre il veto. Se si estende l’indagine al periodo 2013-dicembre 2016 non si va comunque oltre i cinque casi. Circa il 47% delle notifiche ha riguardato operazioni nel set- tore della «difesa e sicurezza nazionale», il 23% le comunicazioni, il 17% l’energia, il 13% i trasporti.
In sintesi, i quattro decreti attuativi del golden power, emanati nel 2014 in seguito al decreto legge 21 firmato da Monti due anni prima, dispongono “poteri speciali” esercitabili dalla presidenza del consiglio nel caso di acquisto di partecipazioni in imprese strategiche, oppure di delibere societarie con oggetto ad esempio fusioni o scissioni o trasferimento all’estero della sede. Le possibilità di intervento sono più ampie nel settore della difesa, mentre per energia-tlc-trasporti l’eventuale opposizione tout court all’acquisizione di partecipazioni si può esercitare solo nei confronti di un’azienda extra Ue.
Le proposte di Palazzo Chigi
Il decreto legge confezionato all’epoca dal governo Monti disponeva che i provvedimenti attuativi fossero aggiornati ogni tre anni. Quindi si apre proprio nel 2017 una finestra utile per aggiornare la normativa. E, secondo il rapporto del Comitato di coordinamento per l’esercizio dei poteri speciali presso Palazzo Chigi, ce ne sarebbe sicuramente bisogno. L’attuale meccanismo - si legge nella relazione di 34 pagine - «entra in gioco in maniera tardiva e cioè solo a seguito di decisioni già programmate e/o assunte dalle aziende... Detto ciò, si ritiene auspicabile perseguire obiettivi atti ad indirizzare ed accompagnare le scelte più importanti della vita di una società».
Il rapporto, ultimato a fine dicembre, non cita i più delicati casi del momento, come Vivendi-Mediaset, né si addentra nelle complesse articolazioni dei rapporti Italia-Francia in merito ad acquisizioni ed investimenti incrociati. Ma fornisce indicazioni molto utili per l’immediato futuro. L’obiettivo - si sottolinea - deve essere «assicurare continuità alla protezione degli assetti strategici nazionali attraverso la tutela nei confronti di manovre acquisitive che sottendono all’obiettivo di sottrarre tecnologie e know how industriale e commerciale essenziale per la competitività del sistema Italia».
Il mondo sta cambiando velocemente, osserva il rapporto di Palazzo Chigi, e anche gli strumenti di difesa devono aggiornarsi, come del resto sembrano avere intenzione di fare competitor come Germania e Regno Unito. Lo squilibrio in termini di merger and acquistions è nei numeri e merita di essere approfondito. La relazione, citando un’indagine di Kpmg, ricorda che nel 2015 sono avvenuti acquisti di imprese italiane dall’estero per 32,1 miliardi (raggiungendo il record del 2008) contro acquisizioni di imprese estere da parte di soggetti italiani per appena 10 miliardi. Poi, va da sé, andrebbe esaminata la natura degli investitori e degli investimenti: porte aperte a quelli realmente produttivi, grande cautela in alcuni selezionati casi di «interesse nazionale» messo a rischio.
IL BILANCIO Finora golden power poco utilizzato: 30 notifiche, cinque provvedimenti di prescrizione dell’esecutivo, nessun veto alle operazioni