Il percorso virtuoso del confronto
Èsenz’altro un documento importante quello firmato nell’incontro di Berlino fra le organizzazioni imprenditoriali italiana e tedesca sull’esigenza di rafforzare nell’Unione europea il corpora te banking, qual eleva strategica essenziale per rilanciare il sistema economico in modo che torni a crescere e a competere su scala internazionale. Ma ancora più importante è un metodo di confronto fra governi e industria che ieri ha preso l’avvio a Berlino e che nelle prossime settimane potrebbe tradursi in nuove proposte su aspetti fondamentali della politica economica.
Già a Bolzano, lo scorso ottobre, Confindustria e Bdi sottolinearono come un maggior accesso al credito da parte delle imprese avrebbe potuto servire, insieme alla politica monetaria espansiva della Bce, a imprimere nuovo impulso all’industria manifatturiera e a superare le strettoie di una lunga recessione ancora persistente in numerosi Paesi della Ue. La conferenza di cui ieri sono stati protagonisti Dieter Kempf e Vincenzo Boccia costituisce un passo avanti: ha sia una maggiore valenza propositiva - per i contenuti più articolati e incisivi soprattutto in materia di investimenti nel settore digitale - sia un significato più rilevante di ordine politico. La conferenza di Berlino si è tenuta, infatti, in coincidenza con il vertice fra il premier italiano Paolo Gentiloni e la cancelli era Angela Merke le glist essi due primi ministri-oltre ai due ministri Carlo Calenda eS igmarGabri el-hanno poi partecipato al confronto con le associazioni imprenditoriali.
Tutto questo in un momento in cui il confronto tra i due governi riguarda alcuni temi particolarmente “caldi” nelle reciproche relazioni: i nostri conti pubblici, i forti attivi commerciali tedeschi, il dieselgate e il carico ormai esorbitante dell’immigrazione extracomunitaria sostenuto dall’Italia dopo la pressoché totale chiusura della rotta balcanica.
Per tutti questi motivi il fatto che Confindustria e Bdi abbiano ribadito l’assoluta necessità di soluzioni valide e appropriate che favoriscano il finanziamento degli investimenti delle imprese nelle innovazioni e nelle infrastrutture, e pertanto la crescita dell’economia reale (come si erano già pronunciati in passato alla vigilia della discussione del budget comunitario 2014-2020), riveste un’importanza significativa. E ciò non soltanto perché questa dichiarazione appare in controtendenza rispetto a una rigida politica di austerità a trazione tedesca prevalsa per molto tempo (che ha finito per risolversi in una ulteriore finanziarizzazione dell’economia europea); ma perché si propone di rivitalizzare e rafforzare la centralità del sistema industriale, che costituisce tuttora un perno fondamentale dell’assetto economico e della stabilità sociale in Europa. Il rischio, altrimenti, è quello di una strisciante deindustrializzazione, alla lunga non più contrastabile.
Che spetti in primo luogo alle rappresentanze dell’industria dei due principali paesi esportatori della Ue il compito di puntare i piedi per ridare nuovo vigore alle potenzialità delle proprie imprese, si spiega d’altronde anche col fatto che esistono molteplici e collaudate connessioni intersettoriali fra entrambe queste componenti dell’apparato produttivo continentale. Tanto che quello tedesco e quello italiano costituiscono nel loro insieme la principale architrave del sistema industriale dell’eurozona.
C’è inoltre da augurarsi che anche l’europarlamento assecondi l’iniziativa del fronte industriale italo-tedesco, dopo l’elezione (con l’appoggio del Ppe) alla presidenza dell’assemblea di Strasburgo di Antonio Tajani (già commissario all’Industria dal 2009 al 2014). Del resto anche Gianni Pittella (che era il candidato del centrosinistra) è fautore di una politica della Ue volta a un rilancio in forze dell’industria e quindi della domanda e dell’occupazione.