Matrimonio d’interesse transatlantico
Siediti e scrivi. Francamente era legittimo aspettarsi un gag alla Totò e Peppino andare in scena alla Casa Bianca nel corso della visita del premier britannico Theresa May al presidente Trump. Lui in piedi a dettare e lei china a scrivere i termini di un’intesa commerciale che vede Londra nuda e fragile alla meta: in uscita dall’Ue e alla disperata ricerca di un nuovo partner forte. E l’America è l’unico possibile, quando l’Europa sfuma.
Le aspettative, almeno in parte, sono andate deluse. Theresa May ha parato gli ostacoli maggiori, ha tenuto con nettezza il punto su politica estera e di sicurezza e sui diritti umani che potevano essere trappole letali. Elementi, beninteso, che non cambiano la caratteristica di fondo delle future relazioni economiche bilaterali anglo-americane, segnate dall’indebolimento che la Gran Bretagna ha inflitto a sé stessa, scegliendo la Brexit e condannandosi a mostrare il fianco vulnerabile agli Stati Uniti.
Tuttavia la missione di Theresa May a Washington ha confermato che Londra è là dove è da sempre, in mezzo all'Atlantico, e non solo per destino geografico. Indispensabile magari non lo sarà più, ma estremamente utile continuerà ad esserlo per tutti. Per gli Stati Uniti e per l’Europa. In primo luogo per Donald Trump che non potrà continuare a sfidare capitali e organizzazioni internazionali senza stabilire una liaison importante e inattaccabile, a differenza di quella che spera di stabilire con il presidente russo Vladimir Putin. E per questo non c’è nulla di più agevole che rispolverare la very special relationship con il Regno Unito.