Renzi lavora a liste e programma: no a melina per intascare il vitalizio
pRipartire dal territorio, dalle tante storie di buon governo dei sindaci e dei governatori del Pd, guardando ai problemi concreti dei cittadini: le file di attesa per i servizi sanitari, i tempi burocratici troppo lunghi che strozzano cittadini e imprese, le possibili risposte al disagio sociale crescente nelle nostre città, gli investimenti necessari per spingere la crescita. E naturalmente l’Europa, quell’Europa «che ci invia ridicole letterine mentre il Centro Italia e colpito da continue scosse di terremoto».
Oggi a Rimini – dove si riuniranno oltre mille amministratori locali del Pd – Matteo Renzi non parlerà di legge elettorale e tantomeno di data delle prossime elezioni, temi che campeggiano sulle pagine dei giornali dopo la sentenza della Corte costituzionale sull’Italicum. Il segretario del Pd in questa fase vuole tenersi fuori dai giochi di Palazzo e concentrarsi sul programma per le prossime elezioni e sulla selezione di una nuova classe dirigente proprio a partire dai giovani sindaci del Pd come il primo cittadino di Pesaro Matteo Ricci, che oggi aprirà i lavori dell’assemblea di Rimini, o quelli di Mantova (Mattia Palazzi) ed Ercolano (Ciro Bonajuto). «Basta con i soliti noti», è la parola d’ordine di Renzi per le candidature. Ma anche se non parlerà esplicitamente della data del voto, il leader dem lo farà intendere quando accuserà la “pancia” trasversale dei deputati e senatori di volerla tirare per le lunghe «per intascare il vitalizio» che scatta a fine settembre. E quello che in questa fase non dice Renzi lo dice il presidente del partito Matteo Orfini: «Non spetta a noi ma al Capo dello Stato sciogliere le Camere, ma mi pare utile per il Paese che non si vada a votare oltre giugno».
Quanto alla legge elettorale, è lo stesso Orfini ad annunciare che dalla prossima settimana il Pd farà un giro di tavolo con gli altri partiti. Ma la linea resta quella data da Renzi stesso (si veda il Sole 24 Ore del 26 gennaio): si può andare a votare recependo la sentenza della Consulta. «Le due leggi per Camera e Senato – ribadisce Orfini- hanno un grado accettabile di omogeneità. Alla Camera hai un premio di maggioranza e al Senato hai una soglia di sbarramento molto alta che rappresenta un’implicita correzione maggioritaria. Quindi è perfetta- mente utilizzabile». Nello schema di Renzi vale il Pd a vocazione maggioritaria, dal momento che alla Camera il premio è attribuito alla lista che supera il 40% e in Senato la soglia per chi corre da solo è fissata all’8%. Una soglia di sicurezza, dal punto di vista del Pd renziano, per non avere nemici a sinistra ed essere quindi liberi dall’obbligo di alleanze. Per questo il vicesegretario Lorenzo Guerini si è affrettato a smentire le voci di stampa di un possibile listone unico con dentro tutti, dal Ncd di Angelino Alfano alla nascente formazione di Giuliano Pisaia. «Il Pd punta al 40% da solo» è la parola d’ordine.
Tuttavia i prossimi giorni saranno sostanzialmente di attesa, perché solo dopo che saranno rese note le motivazioni della Consulta, quindi da metà febbraio, sarà possibile ragionare seriamente su eventuali aggiustamenti: se ad esempio i giudici solleciteranno una uniformazione delle soglie tra Camera e Senato sarà più difficile per Renzi sostenere la tesi del puro recepimento. Intanto dalle parti del Nazareno vengono lette come un invito a non tirarla per le lunghe sulla legge elettorale, sulla linea di Renzi, le parole pronunciate ieri dal premier Paolo Gentiloni a Madrid: «Guardiamo con rispetto alle scelte del Parlamento e delle forze politiche che dovranno essere prese con la necessaria sollecitudine per quanto riguarda le leggi elettorali perché questo è necessario per il buon funzionamento di un sistema democratico». Certo, come ammette lo stesso Renzi, ora premier e segretario del Pd fanno «due mestieri diversi». E la distanza che si profila sull’Europa - con Gentiloni che ribadisce il rispetto delle regole Ue (si veda pagina 2) e con Renzi che da oggi è pronto a rilanciare contro l’Europa «degli zero virgola» per farne oggetto di campagna elettorale - chiarisce che la transizione verso le elezioni, a giugno o a febbraio 2018 che sia, non sarà del tutto indolore.
IL NODO DELLA UE Sulla Ue si profila una distanza fra il premier che comunque ne rispetta le regole e il segretario Pd che vuole farne oggetto di campagna elettorale