I mercati sul carro di Trump
Wall Street beneficia dell’avvio del mandato mentre Piazza Affari paga lo scenario elettorale
Ora nel radar principale degli investitori c’è la politica. Per il momento, infatti, le mosse delle Banche centrali sono acquisite e lasciano spazio alle speculazioni sull’influenza dei Governi nel mondo della finanza, nella nuova era di Trump e della Brexit.
Se Donald Trump spinge Wall Street a nuovi massimi storici, l’ipotesi di elezioni imminenti in Italia fa rallentare Piazza Affari. L’insediamento del Presidente degli Stati Uniti ha risvegliato la propensione al rischio, che spinge le azioni e pressa le obbligazioni. L’S&P 500 ha raggiunto un altro picco e le azioni principali di New York raggruppate nel Dow Jones Industrial, che rappresentano i colossi dell’industria e dei servizi “a stelle e strisce”, hanno superato la soglia dei ventimila punti.
Trump è partito deciso nell’applicazione del suo programma elettorale e ha firmato ordini esecutivi per la costruzione di un muro al confine con il Messico e per il blocco degli accordi commerciali bilaterali del trans-Pa- cifico (i Tpp, che coinvolgono 12 Paesi tra cui Canada, Giappone, Australia, Messico). I mercati preferiscono salire sul carro del vincitore finché si dimostra focalizzato sugli obiettivi, e che a cascata sostiene la Borsa Usa e i titoli che vanno bene con l’espansione del ciclo economico, come osserva Didier Saint-George, membro del comitato degli investimenti di Carmignac. Anche il dollaro, galvanizzato dalle prospettive rosee delle aziende terziarie americane, è ripartito in forze contro le principali valute: sull’euro è sceso velocemente sotto quota 1,07, che aveva ripreso nelle sedute più recenti, e il cambio con lo Yen è tornato verso 115, con beneficio degli esportatori quotati al parterre di Tokyo, che ha guadagnato l’1,4% nell’ultima settimana.
Non convince, viceversa, lo scenario tricolore: dopo il verdetto della Corte Costituzionale sulla legge elettorale, ora pronta a essere utilizzata senza il meccanismo del ballottaggio e con il premio proporzionale, i titoli di Stato italiani hanno pagato pegno, colpiti più del Bund e delle altre emissioni governative dell’Eurozona. Tanto che il differenziale di rendimento sul titolo di Berlino, che gli investitori chiedono per comprare il debito italiano, si è ampliato all’1,7%, come nei momenti di tensione prima del referendum costituzionale di dicembre.