Sotto pressione i bond a breve
pGli ultimi dati sull’economia dell’eurozona hanno acceso i rumors di un intervento anticipato della Banca centrale europea sul Quantitative easing e a pagare il prezzo più elevato sono stati i titoli governativi in particolare quelli italiani della parte breve della curva, da due a cinque anni. Proprio quegli stessi titoli che si erano mossi meno di tutti perché coperti dall’ombrello della Bce. In pochi giorni, lo spread tra il BTp a 5 anni e l’omologo tedesco è salito a 125 punti base da 110 di venerdì scorso, il differenziale del titolo a 2 anni è aumentato da 60 punti base a 75 punti base. In realtà, a contribuire all’allargamento dello spread sono state oltre le vendite sui titoli italiani, anche gli acquisti sui Schatz tedeschi in un movimento di flight to quality che ha avuto come risultato una riduzione dei rispettivi rendimenti.
Secondo gli operatori, l’approccio al rischio di credito rimane cauto perché in pochi scommettono su una mossa della Bce prima del prossimo anno. Tuttavia, a mettere pressione sull’Eurotower sono gli ultimi dati dell’Eurozona a cominciare dall’inflazione che a gennaio è schizzata all’1,8% dall’1,1%, ma resta bassa se si guarda all’inflazione core, escludendo le voci legate all’energia e al settore alimenta- re quelle più volatili, ferma allo 0,9 per cento. A questi dati si aggiunge quello del Pil che nell’ultimo trimestre è salito più di quello americano, rispettivamente dell’1,7% e dell’1,6 per cento. Quanto basta per rendere pressanti le richieste della Germania per una modifica della politica monetaria.
Di fronte alle attese delle elezioni francesi e tedesche e ai rischi di turbolenza dei mercati, in pochi scommettono in una modifica del timing del quantitative easing. Intanto i segnali che arrivano dall’economia sono positivi confermando una ripresa della crescita economica globale: ieri è stata la volta dell’occupazione americana che nel mese scorso ha creato 246mila posti di lavoro, mentre le stime erano per un rialzo di 164mila. Quanto basta per alimentare le attese per un rafforzamento dell’economia Usa tale da convincere la Federal Reserve ad alzare i tassi magari più velocemente del previsto, ma non ieri che sono stati confermati allo 0,5-0,75 per cento. Gennaio viene archiviato come il mese peggiore per il segmento delle obbligazioni governative in Europa. Con la vittoria di Trump e la scommessa di un ritorno dell’inflazione il mercato ha penalizzato il reddito fisso premiando le azioni e, sul mercato valutario, il dollaro.