Un conservatore alla Corte Suprema
Scelto Neil Gorsuch, anti-abortista che vuole limitare il ruolo dello Stato
La sua carriera di giudice è costellata di decisioni influenti anche se passate spesso sotto silenzio, senza battaglie scomposte. Un ex compagno di classe a Harvard - suo e di Barack Obama - lo definisce «un’ottima scelta» sotto il profilo personale e dell’integrità. Ma la sua fede politica conservatrice, il 49enne Neil Gorsuch fresco di nomina da parte di Donald Trump alla Corte Suprema, è provata: contro il diritto d’aborto in temi sociali; per limitare il ruolo del governo, nelle regolamentazioni come della sanità, in campo economico. E così lo è quella ideologica: nel grande confronto tra destra e sinistra dentro la Corte Suprema sale sulle barricate della destra. È un “originalista”, seguace della dottrina che fu del suo predecessore sullo scranno, il combattivo faro intellettuale della corrente maggioritaria Antonin Scalia, scomparso l’anno scorso. Quella dottrina che presume di applicare la Costituzione –e i suoi derivati – sulla base delle autentiche intenzioni e della lettera degli autori, anziché considerare la legge viva e in evoluzione, da reinterpretare con i tempi, il pensiero madre dei giudici apostrofati come “attivisti” liberal.
Quanto la differenza e gli equilibri nell’Alta Corte possano contare, nel sistema giuridico e nella società americana, emerge dalla storia delle sue decisioni: la desegregazione delle scuole e il rafforzamento dei diritti civili furono istigati dalla Corte di Earl Warren nel 1954, prima che da governo e opinione pubblica. Scalia ha invece l’onore di aver patrocinato, nel 2008, lo storico ampliamento del Secondo Emendamento al diritto individuale ad armarsi (tutt’altro che chiaro nella Costituzione).
Il bagaglio di Gorsuch, sia politico che giuridico, è dunque pesante. Il primo lo vede, se confermato dal Senato, sedersi in una Corte dove i nove magistrati sono spesso divisi quanto il Paese nonostante la tradizione di collegialità. Con una maggioranza conservatrice consolidata negli ultimi decenni grazie alla determinazione dei repubblicani (il “loro” Congresso aveva bloccato per dieci mesi la nomina di un sostituto di Scalia da parte di Obama, il moderato Merrick Garland). Ma non impenetrabile: ago della bilancia si è rivelato anzitutto Anthony Kennedy nello scontro tra l’ala destra – che comprende il presidente della Corte John Roberts a fianco dei più militanti Sam Alito e Clarence Thomas – e i giudici più aperti, Ruth Bader Ginsburg, Sonia Sotomayor, Elena Kagan e Stephen Breyer. L’arrivo di Gorsuch, nei piani repubblicani, potrebbe spingere proprio l’80enne Kennedy, al quale è vicino perché fu suo assistente, a ritirarsi.
Per potersi accomodare tra gli alti magistrati, però, Gorsuch dovrà superare anzitutto il test del clima politico arroventato dall’aggressività della Casa Bianca di Trump. La reazione ai suoi ordini anti-immigrati e anti-rifugiati (islamici) potrebbero diventare un pro- blema costituzionale per la Corte dopo aver già generato rivolte nel governo. Un record di oltre mille dei 19mila diplomatici e funzionari del Dipartimento di Stato, in patria e all’estero, hanno firmato un Dissent Cable, una protesta, sfidando derisioni e minacce del portavoce del Presidente, Sean Spicer: «Burocrati che se non aderiscono al programmma faranno meglio ad andarsene».
Un clima che potrebbe spingere i democratici, sfoderando l’ostruzionismo che al Senato impedisce di andare al voto senza l’accordo di una maggioranza qualificata di due terzi, a cercare di bloccare la nomina di Gorsuch. Allo spettacolo orchestrato per la nomina da Trump – un’inedita cerimonia alla Casa Bianca in prima serata televisiva – che ha vantato di aver mantenuto la promessa di scegliere un gran giudice, ha risposto la leader di minoran- za della Camera, Nancy Pelosi, che lo ha definito «molto ostile». Il Presidente ha contrattaccato ieri invitando i repubblicani in Congresso se necessario a far passare il suo “gran giudice” con l’”opzione nucleare”, cambiando cioè le regole parlamentari e cancellando il diritto al boicottaggio.
È impossibile sapere, spenti i riflettori, quale figura di alto magistrato potrà davvero essere Gorsuch, se saprà o vorrà raccogliere, con lo scranno, l’eredità di Scalia: la storia insegna che negli anni i giudici, protetti da un incarico a vita, hanno più d’una volta valicato barriere ideologiche. Gorsuch, sulla carta, ha anche le qualifiche del candidato-prototipo alla Corte Suprema piuttosto che dell’outsider caro a Trump: figlio d’arte (la madre fu direttore seppur controverso dell’Agenzia per la protezione ambientale con Reagan); studi alla Columbia e a Oxford oltre che a Harvard; anni da assistente di due giudici dell’Alta Corte; infine un passaggio al Dipartimento della Giustizia sotto la presidenza di George W. Bush che nel 2006 lo insediò alla Corte d’Appello di Denver in Colorado con il consenso parlamentare. Sciatore e pescatore, è soprattutto considerato un raffinato accademico e scrittore, qualità attribuite a Scalia e ricercate in candidati alla Corte che fanno storia con le loro opinioni.
Uno studio sulle ideologie dei magistrati, condotto dall’Università di Washington, lo definisce tuttavia «meno controverso» e contemporaneamente più conservatore dello stesso Scalia e impegnato a «limitare i diritti dei gay, l’aborto e programmi per le minoranze». Le sue recenti decisioni sono state controverse: ha dissentito da una sentenza che prescriveva a strutture sanitarie controllate da enti religiosi di offrire la contraccezione richiesta da Obamacare. Si è dissociato dall’ordine di riconsiderare una sospensione di fondi statali all’associazione di pianificazione familiare Planned Parenthood. Ha messo in dubbio un precedente legale del 1984 – il “caso Chevron” – sul ruolo del governo, che delega alle autorità federali l’interpretazione di normative e leggi nazionali ambigue. Dal 2000 ha inoltre condannato leggi sul suicidio assistito.