Le carte di Milano capitale dopo Brexit
Come dimostrano le molte iniziative in questo senso (non ultimo il seminario “Italy is now and next: Milano al centro dell’Europa di domani”, che si è svolto giovedì a Palazzo Marino). Il mutamento genetico di Milano è a diversi stadi. Esattamente come accade nei processi di crescita biologica.
Negli ultimi dieci anni, si è verificato uno sviluppo immobiliare che, pur non privo di difficoltà e di fallimenti, ha comunque portato a due poli funzionali ed estetici originali e di qualità come CityLife e Porta Nuova. Si è riscontrata una crescita spiegabile soltanto con il suo pieno inserimento nel network delle metropoli globali.
Milano corre. Oggi è l’unica città davvero europea. Non a caso, secondo l’ufficio studi di Assolombarda, qui operano 123 imprese con almeno un miliardo di euro di fatturato, contro le 61 di Monaco di Baviera, le 25 di Barcellona, le 28 di Stoccarda e le 11 di Lione. Peraltro, dopo la fine dell’università ci vengono tutti (o quasi). Qui si trova la meglio gioventù – o, almeno, la gioventù più istruita – del Paese: per l’Eurostat, il 29,5% di chi ha fra i 30 e i 34 anni è laureato; era il 19,9% nel 2007. Dieci punti in più in dieci anni è tantissimo, nella composizione demografica e nella definizione del tipo di comunità.
L’anno scorso si è svolto l’Expo che, nonostante i non pochi inciampi, ha avuto un impatto mediatico rilevante e ha portato il capoluogo lombardo nei circuiti internazionali del turismo, della comunicazione e della cultura pop. Adesso, ecco la competizione con le altre capitali continentali per riuscire a attrarre chi e che cosa lasceranno Londra nei prossimi mesi e nei prossimi anni. L’agenzia europea del farmaco – l’Ema – è il primo banco di prova. La scelta della città europea dove collocare l’Ema è una gara di mezzo fondo che, nel bene o nel male, potrebbe concludersi già prima dell’estate. La vera maratona, che durerà non meno di cinque anni e che contribuirà a determinare il profilo di Milano e dell’Italia del futuro, riguarda invece le banche e i fondi di investimento. Dal Tamigi ai Navigli. Una ipotesi di lavoro che può modificare in misura radicale il volto di Milano. A cui, per esempio, sta lavorando una task-force del Governo – coordinata da Fabrizio Pagani, il capo della segreteria tecnica del ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan – la cui geometria variabile è composta in questo caso da Banca d’Italia e Consob, Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, Comune di Milano e Assolombarda.
In particolare, appare utile – nella costruzione della Nuova Milano – un pacchetto fiscale contenuto nella Legge di Bilancio 2017: sei un manager che negli ultimi due anni ha vissuto all’estero e torni da noi? Per i prossimi cinque anni, pagherai le imposte soltanto sul 50% della tua retribuzione. Una misura che sembra tagliata – come un capo di abbigliamento di sartoria inglese – per la dirigenza media e medio alta delle banche e dei fondi che oggi si trovano a Londra e domani – magari, chissà – a Milano. Sei un grande banchiere o un grande finanziere e pensi che Milano sia la sede giusta dove trasferire l’istituzione finanziaria da te diretta o controllata? Le tasse sulla retribuzione per te sono quelle normali, ma le imposte sul patrimonio detenuto all’estero – di qualunque entità esso sia – non supereranno i 100mila euro. Dunque, nella rimodulazione del profilo di Milano, la città del medium tech e della conoscenza potrebbe trovarsi rinsaldata e ultra potenziata nella sua dimensione storica di città dei servizi e della finanza.
L’auspicio per Milano – o, meglio, il progetto – è quello di una minuscola invasione: essere colonizzata da una piccola, ma influente, élite finanziaria. Pronta a lasciare il tè per il Franciacorta. L’Arsenal e il Chelsea per il Milan e l’Inter. Portando qui tutta la famiglia. E, magari, beneficiando dell’insegnamento nelle scuole e nelle università di docenti e ricercatori rientrati dall’estero che, sempre stando alla Legge di Bilancio 2017, pagheranno a loro volta le imposte soltanto sul 10% del loro reddito. Perché, nel salto in alto di Milano e nella necessità di lasciare la panchina per il Paese nel suo insieme, tutto si tiene.