Padula (Covip): «Un portafoglio da adeguare»
«Maggior rischio nei primi anni, più prudenti a fine carriera»
«Pochi hanno aderito ai fondi pensione? Premetto che non è compito della Covip spingere sulle adesioni. Piuttosto un’autorità indipendente come la nostra deve fare sì che siano assicurate le condizioni di buon funzionamento del settore della previdenza complementare».
A parlare è Mario Padula, presidente della Covip, che introduce anche una metafora calcistica: «Arbitri migliori rendono anche più appassionante lo spettacolo che il calcio offre. Ma non è compito degli arbitri convincere ad andare allo stadio. Ciò detto, la questione esiste ed è molto rilevante, in relazione al ruolo che la previdenza di base svolge ora e svolgerà in prospettiva».
È un problema che gli italiani non hanno nel mirino...
Il tema è l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale. Il dl risparmio avvia un processo che ci vede coinvolti, in cui promuoveremo la consapevolezza delle scelte in un ambito complesso come quello del risparmio, soprattutto in vista dell’uscita dal mercato del lavoro. Ma non basta: occorre intervenire sulla quantità e sulla qualità delle informazioni destinate a chi si cimenta con scelte complesse come quelle in campo finanziario, assicurativo e previdenziale. Occorrono competenze diversificate, di economisti, statistici, psicologi, pedagogisti ed anche giuristi, per rispondere ai bisogni pressanti di inclusione economica che emergono nelle società che invecchiano. Servono strumenti nuovi? Occorre promuovere la cosiddetta architettura finanziaria, con lo scopo di indurre scelte ottimali dal punto di vista individuale, scelte che le distorsioni cognitive rendono difficile compiere. Formule come il lifecycle consentono di correggere periodicamente il portafoglio cui sono destinati i contributi, riducendo periodicamente il rischio di portafoglio man mano che ci si avvicina alla pensione. È importante aiutare a superare i bias cognitivi che spingono a decisioni subottimali. Certo, è indispensabile che il mercato sia quanto più possibile efficiente, con domanda e offerta più consapevoli. Per questo la Covip è determinata a vigilare frenando i conflitti di interesse e favorendo la concorrenza: le forme collettive costano mediamente meno di quelle individuali. In prospettiva, è possibile immaginare un sistema previdenziale con tre pilastri: il primo riferibile alla previdenza di base, il secondo alle forme pensionistiche collettive, tra le quali rientrano anche quelle di mercato con meccanismi di adesione collettiva e il terzo a quelle puramente individuali.
La busta arancione può essere utile a educare le scelte?
Esiste già una “busta arancione” per quello che riguarda la previdenza complementare, recentemente denominato «La mia pensione complementare» proprio in assonanza con il documento dell’Inps con scopi del tutto simili. La conoscenza dei diritti pensionistici di base è il prerequisito per valutare l’opportunità di aderire a una forma pensionistica complementare e, in prospettiva, sarà utile immaginare una busta arancione unificata, in cui in un solo documento, i cittadini possano vedere riassunta tutta la posizione previdenziale, sia essa costruita attraverso il risparmio di primo, secondo o terzo pilastro.
Da tempo si parla di destinare parte dei contributi all’economia reale, consentendo alle imprese di disporre di un’ulteriore fonte di finanziamento. Cosa ne pensa?
C’è un tema di adeguatezza di prodotti, capaci di canalizzare le risorse in modo efficiente; ma non è detto che vadano ad alimentare il sistema paese Italia. E d’altronde non potrebbe essere diversamente. Gli incentivi del recente passato (il credito di imposta per 80 milioni annui ndr) non ha dato risultati soddisfacenti, ma dobbiamo guardare al sistema previdenziale nel suo complesso: con il primo pilastro l’iscritto è direttamente esposto al rischio paese Italia, visto che la capitalizzazione dei contributi dipende dalla crescita del Pil. È quindi corretto avere un secondo e terzo pilastro meno dipendenti dal sistema Italia.