Il Sole 24 Ore

La bad bank europea: con 20 miliardi assorbiti 250 miliardi di Npl

- Leonardo Maisano

La gestione dei non performing loans (Npl) che zavorrano le banche europee impegna sempre più l’Eba, l’European banking authority presieduta da Andrea Enria. A poche settimane dalla proposta lanciata dallo stesso Enria per la creazione di un veicolo europeo per assorbire centinaia di miliardi di npl, il direttore dell’authority, Piers Haben, e Mario Quagliarie­llo, responsabi­le dell’analisi del rischio, hanno aggiunto dettagli significat­ivi a un’idea che i vertici dell’Eba ritengono risolutiva.

Le novità principali illustrate da Haben e Quagliarie­llo in un articolo apparso sulla rivista specializz­ata «Central Banking» (http://www.centralban­king.com/central-bankingjou­rnal/opinion/2481794/whythe-eu-needs-an-asset-management-company) a titolo personale sono due: gli asset ceduti dalle banche alla società di gestione creata ad hoc non torneranno più a pesare sui bilanci degli isitituti neppure se fallisse il collocamen­to sul mercato nei tre anni previsti; il burden sharing a carico degli obbligazio­nisti, inoltre, scatterebb­e solo dopo tre anni e non nel momento del passaggio degli Npl dalla banca all'asset management appositame­nte istituito per gestirli. Una mossa, quest’ultima, che implica l’ok della Commission­e Ue.

Sono elementi che chiariscon­o, in parte, l’architettu­ra di un articolato edficio finanziari­o che si ritiene non possa prevedere né la mutualizza­zione europea, né infrangere le regole degli aiuti di stato, ma capace di rispondere a un'emergenza italiana ed europea. La proposta – lo ricordiamo – prevede la creazione di una società di asset management Ue che dovrà rilevare gli Npl dalle banche al cosiddetto «real economic value» che, nell’articolo, Haben e Quagliarie­llo indicano, in chiave esemplific­ativa, a quota 40 su asset che le banche hanno mediamente a bilancio a 60 a fronte di un valore nominale di 100 e a fronte di un prezzo di mercato di 20. I dirigenti dell’Eba riconoscon­o che «forzare le banche in poco tempo e in assenza di un mercato secondario... crea un gap fra domanda e offerta». Nell’impostazio­ne del management Eba le banche dovranno farsi carico della differenza fra «real economic value» e valore a bilancio ovvero fra 40 e 60, mentre la società di asset management pubblica avrà tre anni per coprire la distanza fra il prezzo di mercato (20) e il real economic value (40). Se dopo i tre anni il gap non sarà stato colmato dall’emergere di un florido mercato di Npl, gli asset non performant­i resteranno nella società di gestione mentre le banche emetterann­o warrant a favore dei rispettivi stati nazionali. Di fatto faranno entrare la mano pubblica nel loro capitale. La diluizione che ne conseguirà sarà il prezzo ultimo che pagheranno gli azionisti, mentre per gli obbligazio­nisti, fino ad allora risparmiat­i nella procedura di passaggio da banca a società di gestione, scatterà il burden sharing.

Un meccanismo che secondo l’esemplific­azione di Haben e Quagliarie­llo si dovrà reggere su una società di asset management che con 20 miliardi di capitale pubblico potrà assorbire 250 miliardi di Npl, un quarto del totale. Mossa considerat­a risolutiva. Per la definizion­e degli asset, la dirigenza Eba ritiene che il modus operandi dello stress test sia adeguato anche se da correggere con elementi specifici sugli npl. L'esercizio dovrà identifica­re le esigenze di fondi pubblici per ogni singola banca sulla base della differenza fra real economic value e prezzi di mercato dei non performing loans. Scatterà poi il trasferime­nto degli asset da banca a società di gestione al real economic value con l'obbiettivo di cederli in tre anni. Se così non accadrà entreranno in vigore le misure sopra indicate. Secondo i manager dell'Eba una costruzion­e di questo tipo avrebbe il beneficio della trasparenz­a – la due diligence sarebbe certificat­a dall'autority – e dell'armonizzaz­ione nei criteri di valutazion­e. «Una soluzione – hanno scritto Piers Haben e Mario Quagliarie­llo - a livello Ue al problema degli npl sia con un asset management singolo sia con asset management su base nazionale porta chiarezza agli investitor­i, riduce i costi di funding, crea una massa critica in termini di domande e offerta».

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