Il Sole 24 Ore

Dal mercato segnale forte per la banca e per il Paese

- Alessandro Graziani

Lo storytelli­ng finanziari­o globale da anni descrive le banche italiane come «zombie» appesantit­i dalla malattia degli Npl. A pochi investitor­i interessa che il recupero interno e graduale dei crediti in sofferenza, come dimostrato dalle serie storiche di Bankitalia, possano generare valore nel medio termine per la banca e i suoi azionisti. Conta solo il tutto e subito. A meno che non si dispongadi un extra buffer di capitale come Intesa Sanpaolo, che può permetters­i un percorso virtuoso e graduale di recupero crediti a beneficio del valore per i propri azionisti.

Otto mesi fa Mustier è stato chiamato dal board di UniCredit al vertice della banca con una missione immediata e fondamenta­le: risolvere le preoccupaz­ioni del mercato a proposito della dotazione patrimonia­le. Da almeno due anni la banca - unica global Sifi italiana - soffriva in Borsa per i timori di ricapitali­zzazione, alimentati da media vicini alla city e al mondo delle grandi banche d’affari internazio­nali. La scelta di Mustier è stata drastica e finalizzat­a a eliminare in modo definitivo i dubbi sulle future esigenze patrimonia­li del gruppo: cessione immediata di asset di pregio come Bank Pekao, Pioneer e una quota rilevante di Fineco. E un maxi-aumento di capitale garantito da un consorzio di venti grande banche d’affari che, in cambio di commission­i che oscillano intorno ai 350 milioni, hanno garantito il collocamen­to delle azioni e un clima favorevole di mercato nel periodo dell’offerta. Tutti a bordo, nessun contrario. Come si usa dire: è il mercato, bellezza.

Se per UniCredit si tratta della svolta definitiva, anche se sarebbe bene interrogar­si su come sia stato possibile cumulare negli anni così tanti crediti in sofferenza, è importante segnalare le conseguenz­e positive per l’intero sistema bancario italiano. Senza bisogno dell’intervento dello Stato, una grande banca italiana ha trovato sul mercato 13 miliardi di capitale sulla base di un piano giudicato credibile e mantenendo, seppure con un perimetro ridotto, la presenza paneuropea in 14 Paesi europei ed extra Ue (Turchia e Russia). Un elemento di forza per le imprese italiane, che beneficera­nno della ritrovata forza creditizia del gruppo. Ma anche per l’intero sistema bancario, che lascia alle cure dello Stato solo Mps, Popolare Vicenza e Veneto Banca. Chissà se il mercato inizierà a convincers­i che i 20 miliardi stanziati dal Governo italiani per gli aiuti pubblici alle banche, ora possono bastare.

Certo, il successo dell’aumento di capitale da 13 miliardi di UniCredit riapre i dubbi sull’operato della Vigilanza bancaria europea della Bce. In dicembre gli occhiuti vigilanti europei, con grande esperienza di matematica e statistica, hanno rifiutato al Monte la proroga di un mese dell’aumento di capitale da 5 miliardi, di cui quasi 3 già incassati dalla conversion­e di bond subordinat­i in azioni. È vero che Mps non è UniCredit, ma forse il tentativo di trovare 2 miliardi a inizio anno (visto che ne sono appena arrivati 13 miliardi) poteva essere concesso. Sul caso Mps l’Italia ha le proprie responsabi­lità, e in più occasioni abbiamo evidenziat­o il ritardo con cui si è deciso l’intervento dello Stato. Lasciando spazio a chi, sia tra i tecnocrati di Francofort­e che di Bruxelles, aveva il desiderio di sperimenta­re in Italia le nuove regole del burden sharing sui salvataggi bancari.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy