Precari, concorsi riservati a chi ha tre anni di servizio
Concorsi basati sulla programmazione triennale dei «fabbisogni», con possibilità di spazi aggiuntivi per le amministrazioni dove il costo attuale del personale è più basso, e un piano straordinario nel triennio 2018-2020 con l’obiettivo ambizioso di «superare» il precariato: ai precari “storici”, che vantano almeno tre anni di servizio anche non continuativi negli ultimi otto anni, saranno dedicate assunzioni ad hoc, che però non potranno sforare i tetti generali di spesa di personale e dovranno passare attraverso concorsi riservati per chi non è ancora passato attraverso una selezione: i candidati possibili, secondo le stime del governo, sono circa 50mila.
Per evitare che mentre si tenta di gestire l’arretrato si formi nuovo precariato, poi, la riforma chiude anche nella pubblica amministrazione l’epoca delle collaborazioni coordinate e continuative, e chiede agli uffici pubblici di limitarsi ai contratti a termine, di somministrazione e alle altre forme flessibili previste nel privato: con il vincolo, ribadito e rafforzato, di fare ricorso a questo tipo di contratti solo per esigenze «eccezionali e temporanee», con la responsabilità dirigenziale a carico dei vertici amministrativi che utilizzano come normali lavoratori subordinati i titolari di contratti flessibili. Tutti questi contratti, comunque, resterebbero vietati nelle amministrazioni che devono riassorbire i propri precari con il piano straordinario triennale.
A determinare i posti che ogni amministrazione potrà mettere a concorso sarà la programmazione triennale basata sui «fabbisogni» e non più sui vecchi organici, rispettando ovviamente i limiti di spesa per il personale. Il superamento degli organici si traduce nel fatto pratico che la programmazione potrà essere effettuata «senza alcun vincolo nella distribuzione del personale tra livelli di inquadramento giuridico», per consentire di rivedere il rapporto numerico fra dirigenti e dipendenti sulla base delle esigenze effettive senza essere blindati agli organici storici.
Fino all’ultimo si è discusso sulla possibilità per i concorsi di continuare a individuare, oltre ai vincitori, anche degli «idonei», destinati a subentrare se i vincitori rinunciano al posto. Il problema non è da poco perché le graduatorie attuali hanno creato oltre 150mila «idonei», alimentando aspettative che nemmeno il più ampio piano di assunzioni è in grado di soddisfare. Per limitare il problema, nel testo esaminato ieri dal consiglio dei ministri si prevede la possibilità di individuare idonei per un massimo del 30% dei posti messi a concorso.
Vari strumenti sono poi stati elaborati per consentire più assunzioni alle amministrazioni dove oggi il costo del personale è più leggero. Un parametro possibile è il rapporto fra le spese per gli stipendi e le entrate stabili di ogni ente, mentre per gli enti territoriali è stato ipotizzato un sistema premiale per chi, oltre a tenere basse le spese di personale in rapporto alle entrate, non ha esagerato con il salario accessorio e ha rispettato i vincoli generali di finanza pubblica. Questo sistema, che oltre a spazi più ampi per le assunzioni permetterebbe di alimentare di più i fondi per il salario accessorio, potrebbe essere limitato inizialmente a una sperimentazione triennale, per trasformarsi poi in strutturale se il meccanismo funziona.
TETTO AGLI IDONEI Le graduatorie attuali ne contengono già 150mila. Nelle future tornate concorsuali non potranno superare il 30% dei posti