La città delle donne di Prada
Tra piume e cristalli, tubini e giacconi: le mille sfaccettature femminili
a La riflessione sulla condizione femminile è quanto mai viva nella società contemporanea. I traguardi e le conquiste di appena qualche lustro fa vengono continuamente rimessi in discussione, perchè il progresso non è, forse non è più, una direttrice tesa dalle tenebre dell’oscurantismo al bagliore vivificante dei lumi, ma una lotta continua del sapere contro l’ignoranza che in qualche modo dilaga sempre. E la moda, in tutto questo, cosa c’entra? C’entra parecchio, in realtà.
Ripensare la condizione femminile vuol dire anche riscrivere i canoni della rappresentazione, o se non altro dare inediti significati a vecchi significanti. Sexy non vuol dire donna oggetto, ad esempio. Appropriata e perbene non vuol dire femmina sottomessa. Le apparenze ingannano; maschere dietro le quali è possibile essere altro non dandolo a vedere. Rappresentarsi è partecipare al teatrino del vivere sociale, conoscendone le regole, ma anche i costumi. Si può giocare con tutto. Che i cristalli, le piume e l’armamentario iperdecorativo di solito associato al mondo delle donne siano espressione di frivolezza è una sonora fandonia, infatti. O meglio, la fandonia è che la frivolezza sia, ci si passi il pleonasmo, frivola.
La frivolezza può essere un’arma potentissima, uno strumento invicinbile. È quanto sembra dire Miuccia la più consapevolmente politica delle modaiole italiane. Dichiara secca: «Non voglio far politica con la moda, ma voglio usare al meglio i miei strumenti» e manda in passerella una collezione che è un pastiche rutilante di clichè e di stereotipi, dalla bomba del sesso in tubino rosso alla squaw metropolitana, dalla contestatrice in velluto a coste alla soubrette. Molteplici personalità, frammentate e poi rimescolate. L’effetto stordisce e impensierisce.
A quasi cinquant’anni dal fatidico 1968, la signora Prada lavora sull’immagine mentre si chiede giustamente, e noi con lei: «Ma siamo ancora qui? Dobbiamo discutere ancora di queste cose?». Sì, dobbiamo. Per Prada la risposta è una investigazione a tutto tondo sui valori e sugli strumenti della seduzione, ambientata in un set domestico tapezzato di manifesti che disegnano una fantasmatica città delle donne. La teoria, come ultimamente avviene per Prada, è forse più accattivante della pratica. O meglio, la deriva orgogliosamente decorativa, il compiacimento dell’accumulo sono potenti e stordenti, ma è come se rimanessero impigliati in superficie, perchè queste cose nella moda le stanno già facendo in molti. Quel di cui il sistema ha bisogno, invece, è la Miuccia Prada capace di sintesi crude e inaudite congiunzioni. La sola in grado di togliere qualcosa all’ultimo minuto, come suggeriva Colette Rosselli alle aspiranti lady, per rimanere in tema di femminilità e rappresentazione.
Prada,
Miuccia Prada fa una riflessione sulla condizione femminile nella società contemporanea e sulle mille sfaccettature della personalità delle donne capaci di essere combattenti, ma anche seducenti come l’abito iperfemminile aderente rosso, tra piume e cristalli