«Far crescere reputazione e prezzo medio»
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p «Il vino italiano ha due handicap all’estero: la reputazione, che non è all’altezza di quello francese e la molteplicità dei vitigni. Che rappresentano la nostra diversità orografica e climatica e sono per noi un grande valore. Ma all’estero disorientano il consumatore».
Partendo dalla consapevolezza che l’export di vino si vende quanto più il lifestyle italiano viene associato a un’esperienza di alta classe, per il sottosegretario allo Sviluppo economico Ivan Scalfarotto, è su cultura e promozione dell’italianità autentica (al di fuori dello stereotipo “spaghetti e mandolino”) che bisogna puntare. Una scommessa che si può vincere.
Sottosegretario Scalfarotto, perché avete scelto di puntare su Cina e Usa?
Sono due mercati dalle straordinarie potenzialità e dalle diverse caratteristiche. Sul mercato Usa siamo i primi per export, 1,7 miliardi di dollari, il 33% del mercato. Ma il nostro prezzo medio a bottiglia è circa la metà (5,5 dollari) rispetto a quello francese (circa 11 dollari). Qui dobbiamo tenere le posizioni, ma migliorare la qualità. Di contro, in Cina vendiamo oggi meno di un sesto dei francesi (9,6 milioni di litri contro i 60 milioni dei nostri “cugini”). E siamo dietro anche ad Australia, Cile e Spagna. Qui la reputazione del vino italiano e la sua distribuzione sono tutte da costruire.
In che modo? E in generale quanto avete stanziato per la promozione del vino all’estero?
Su 38 milioni di euro previsti per la promozione del food &beverage italiano nel mondo, 11 milioni sono destinati solo al vino.
Che il vino italiano all’estero soffra da sempre della concorrenza francese è noto. Che fossimo dietro anche ad australiani e cileni, significa che abbiamo commesso molti errori?
Più che errori direi che dobbiamo fare le cose meglio. Tarare gli interventi sui bisogni veri del mercato. I produttori devono percepirsi come “si-
«Bisogna puntare su cultura e promozione del lifestyle italiano autentico»
stema Paese”. Abbiamo aperto un “Tavolo per il Vino” per agire in maniera concertata come già fatto con moda e agroalimentare. Bisogna promuovere l’eccellenza assieme al lifestyle italiano. Fiere, ma anche campagne di marketing e social mirate per età, legare il vino alla promozione del turismo e a studiare sostegni alla logistica e alla distribuzione commerciale. Il nostro vino si deve trovare sugli scaffali e deve essere distribuito in maniera capillare.
L’e-commerce può essere una soluzione?
L’e-commerce, soprattutto nel Far East, si è affermato come canale privilegiato per vendere anche food. Per questo abbiamo già collaborato con Alibaba per tutelare le produzioni originali e aprire una piattaforma di vero “Made in Italy” a prezzi accessibili. Può essere un canale che ci permette di bypassare il problema di non avere, nel mondo, grandi catene commerciali nazionali, come invece i francesi. Ma anche di puntare, ad esempio, sul vino per il segmento dei millennials, che hanno gusti più internazionali e sono più aperti a nuove esperienze.