Il Sole 24 Ore

Un codice doganale per le Doc

Progetto avviato a gennaio dal Consorzio di tutela per tracciare l’export dei vini dall’isola

- Nino Amadore

Una dote di circa dieci milioni l’anno per la promozione nei Paesi extra Ue a valere sull’Ocm vino cui si aggiunge una parte di risorse regionali. E poi ci sono otto milioni che invece arrivano dal Psr 2014-2020 già disponibil­i da un paio d’anni ed erogati a sportello. Fin qui le risorse pubbliche che la Regione siciliana destina alla promozione del vino all’estero ma alla prima voce bisogna aggiungere almeno altri cinque milioni che è la quota che spetta alle imprese mentre nell’altro caso la quota delle aziende è pari al 30%.

Cifre che danno la misura dell’impegno pubblico, nell'isola, per il sostegno a un settore dell'agricoltur­a ritenuto più che strategico. Lo dice a chiare lettere l'assessore regionale alle Risorse agricole Antonello Cracolici riferendos­i ai recenti dati Ismea-Svimez: «La Sicilia primeggia nel settore vitivinico­lo, ma vive il paradosso di avere una redditivit­à dei vigneti più bassa rispetto alla media nazionale - dice Cracolici -. Per questo con la nuova programmaz­ione dell'Ocm lavoreremo per ribaltare questo dato concentran­do più risorse sull’Ocm investimen­ti piuttosto che sulla riconversi­one e sull’estirpazio­ne. L’adesione dei nostri vitigni autoctoni, Grillo e Nero d’Avola, al disciplina­re della Doc Sicilia contribuir­à a favorire questa strategia di rilancio della redditivit­à dei nostri vigneti, con politiche mirate ad incrementa­re il valore ag- giunto della produzione attraverso l’imbottigli­amento».

Ma c’è più di un paradosso in questa vicenda che riguarda l’export del vino siciliano. A partire dai dati. Che mancano. Si sa che più della metà del vino prodotto in Sicilia finisce all’estero ma i dati sono falsati: «Non sono reali perché si considera come export solo quello che si muove da porto di partenza - dice il presidente di Assovini Sicilia France- sco Ferreri -. Se poi quelle bottiglie arrivano invece dalla Sicilia questo non viene tenuto in consideraz­ione». Ed è ancora più chiaro Maurizio Lunetta, direttore del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia: «Una bottiglia di vino siciliano che deve arrivare negli Stati Uniti parte dalla Liguria e quindi risulta come export del vino di quella regione, lasciando a noi il conteggio solo delle bottiglie che partono dall’Isola che sono una minima parte». Il Consorzio Doc ha avviato da gennaio un progetto per risolvere il problema: dotare tutte le bottiglie della Doc Sicilia di un codice doganale. Per il momento, su questo fronte, bisogna accontenta­rsi dei dati (parziali) forniti da Assovini: «Noi raggruppia­mo 78 aziende vitivinico­le siciliane - dice Ferreri - e i dati in nostro possesso ci dicono che del vino prodotto dalle nostre aziende per un valore complessiv­o di quasi 300 milioni, circa il 60 per cento è destinato ai mercati esteri».

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Vitigni autoctoni. Un momento della vendemmia in Sicilia

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