Il Sole 24 Ore

Perchè Bolloré non può permetters­i la ritirata

- di Antonella Olivieri

Arnaud de Puyfontain­e ha ripetuto agli analisti quello che i legali avevano già sostenuto lunedì davanti all’Agcom e cioè che Vivendi non controlla né Telecom Italia né Mediaset. Vivendi, di fatto, non può permetters­i di perdere nè l’una nè l’altra. I conti del 2016 hanno confermato che lamedia company guadagna con le attività all’estero. In Francia Canal + ha moltiplica­to le perdite sfiorando un rosso operativo di 400 milioni che i risultati migliori di sempre ottenuti in Africa non sono riusciti a compensare. Da sola Telecom, partecipat­a al 23,9%, ha contributo (con 173 milioni) a quasi il 14% dei risultati di gruppo. Lo scorso anno per rastrellar­e il 28,8% del Biscione Vivendi ha speso più di 1,3 miliardi e altri 0,6 miliardi sono stati messi sul piatto per ricostitui­re la quota in Telecom, diluita dal convertend­o. Da questa parte delle Alpi, complessiv­amente, il gruppo presieduto da Vincent Bolloré (che ad aprile salirà al 29% dei diritti di voto) ha investito una cifra dell’ordine dei 5 miliardi, tanto quanto la liquidità di cui ancora la compagnia transalpin­a dispone (1,1 miliardi è la posizione finanziari­a netta). Ecco perchè i francesi non possono permetters­i di fare dell’Italia il loro Vietnam.

Etuttavia la situazione è ancora ingessata. De Puyfontain­e ha ripetuto il mantra degli ultimi mesi, che spera ancora cioè in una soluzione positiva, di trovare un accordo con Mediaset per dar vita a una partnershi­p industrial­e che rientra nelle strategie del gruppo più volte declinate. Però di nuove proposte al Biscione non ne sono arrivate, e a Cologno monzese si ricorda che l’accordo per la partnershi­p industrial­e era già stato trovato un anno fa, ma poi Vivendi ci ha ripensato, rimangiand­osi la firma apposta sotto un contratto che per la contropart­e è vincolante. Solo che l’accordo di aprile limitava l’incrocio azionario a una quota, quasi “simbolica”, del 3,5% ed era centrato su Premium, che lo scorso anno ha perso ancora più di cento milioni e non rappresent­a una risposta sufficient­e alle ambizioni francesi di far nascere la “Netflix europea”.

Ma il punto è, se anche fosse possibile gettare di nuovo le basi per un progetto di collaboraz­ione - sul presuppost­o di ricreare un clima di fiducia tra i due gruppi, cosa affatto scontata - che il pallino in questo momento è in mano all’Agcom, la quale ha in corso un’istruttori­a per l’ipotesi di violazione delle regole che impediscon­o di riunire sotto lo stesso cappello l’operatore dominante delle tlc con un player che, come Mediaset, ha una quota superiore al 10% nei media. De Puyfontain­e ha ricordato agli analisti - collega- ti in occasione della presentazi­one dei risultati del 2016 - che si tratta di una legislazio­ne “locale”, quando invece negli Usa le cose stanno andando in ben altra direzione, perchè - ha sostenuto - il legame tra telco e contenuti è un rapporto “sano”. Solo che la legge, per quanto “locale”, è la legge e un’Authority “locale” non può certo disattende­rla.

De Puyfontain­e ha comunque detto che, dopo il primo contatto “tecnico” con gli uffici dell’Agcom, spera di essere ascoltato per esporre le ragioni del gruppo di cui è ceo. Con ciò anticipand­o che il vertice di Vivendi chiederà di essere ascoltato anche dal consiglio dell’Authority, prima che si chiuda la procedura. Altrettant­o potrebbe fare Mediaset che per ora ha mandato avanti i suoi legali per sostenere l’esposto, presentato ancora a dicembre, dove si sosteneva che già col superament­o del 10% del capitale del Biscione, il gruppo transalpin­o, titolare della quota di riferiment­o di Telecom, è da considerar­e giuridicam­ente “collegato” e dunque che le disposizio­ni del Tusmar (il Testo unico dei servizi di media audiovisiv­i e radiofonic­i) sono già state violate.

La soluzione all’intricata vicenda resta dunque un bel rebus e il fatto che Vivendi ammetta che sta consideran­do «diversi scenari» in relazione alla questione conferma solo quel che si poteva immaginare. E cioè che nessuno, ma proprio nessuno, può sapere oggi come finirà.

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