Glencore torna a brillare dopo la crisi
pDalle stalle alle stelle. Glencore, che meno di due anni fa rischiava di soccombere alla crisi delle materie prime, adesso è risorta con uno slancio addirittura superiore a quello – già notevole – dimostrato dalla altre minerarie. Il gigante svizzero delle commodities, attivo sia nella produzione che nel trading, ha concluso il 2016 con un bilancio al di là delle più rosee aspettative, con 1,4 miliardi di dollari di utili netti a fronte di una perdita di 5 miliardi nel 2015 e un debito quasi dimezzato a 15,5 miliardi di dollari, meglio degli obiettivi che si proponeva.
Erano proprio i debiti il tallone d’Achille di Glencore: un’esposizione enorme, oltre 30 miliardi all’epoca, a fronte di garanzie incerte, tanto da scatenare paragoni con Lehman Brothers e mettere in allarme persino la Banca d’Inghilterra. La società era entrata nel mirino delle vendite allo scoperto, arrivando a perdere il 29% in un solo giorno in Borsa.
Acqua passata. Tra dismissioni, taglio dei costi e rally delle materie prime, Glencore ha fatto il miracolo. E il ceo Ivan Glasenberg torna a raccogliere gli applausi degli analisti e della Borsa: il titolo ieri ha raggiunto 343,40 pence, un record da settembre 2014.
Il manager parla della possibilità di nuove acquisizioni, dopo la recente operazione nel cobalto in Africa e l’ingresso nel capitale di Rosneft insieme al fondo sovrano del Qatar, e prefigura un «generoso regalo agli azionisti» (compreso se stesso, visto che possiede l’8,5% della società). Glencore, appena tornata a pagare cedole, distribuirà un miliardo di dollari quest’anno e sta valutando se aggiungere un dividendo straordinario, nel 2017 o nel 2018.
Glencore non è mai stata così in forma dai tempi dell’Ipo e della fusione con Xstrata nel 2011, assicura Glasenberg, scherzando sulla possibilità «teorica» di una supercedola da 20 miliardi di dollari: «Ne avremmo la possibilità, se davvero volessimo essere aggressivi e se non ci fosse altro da fare in ambito M&A. Ma credo che il mio direttore finanziario non mi permetterebbe di pagare un dividendo speciale da 20 miliardi tutto in una volta».