Il Sole 24 Ore

L’hub può essere una «stabile»

- Eugenio Della Valle Dario De Santis

pLa risoluzion­e 4/E del 2017, oltre a rappresent­are la prima risposta dell’agenzia delle Entrate a una istanza di interpello sui nuovi investimen­ti, risulta di estrema importanza quanto alle circostanz­e in virtù delle quali si ritiene sussistere una stabile organizzaz­ione in Italia di una società non residente allorquand­o l’head office effettua vendite di beni che si trovano su suolo italiano direttamen­te dall’estero.

In particolar­e, viene affermato che, se l’impresa non residente vende i beni che si trovano in Italia in un proprio centro di immagazzin­amento e di distribu- zione gestito da terzi (le stesse conclusion­i dovrebbero valere anche nel caso di deposito di proprietà di terzi) prima che gli stessi vengano estratti dal medesimo hub logistico (che funge anche da deposito Iva e doganale), l’hub si configura quale stabile organizzaz­ione materiale anche se l’attività di vendita viene svolta interament­e all’estero dalla stessa impresa non residente o da sue consociate.

A questa conclusion­e l’Agenzia perviene alla l uce delle indicazion­i contenute nel Commentari­o Ocse all’articolo 5 del modello di Convenzion­e contro le doppie imposizion­i ritenendo che un deposito italiano di cui una società estera abbia la disponibil­ità possa essere considerat­o a certe condizioni una «sede fissa d’affari» nel territorio dello Stato nel caso in cui tale sede venga utilizzata per l’esercizio della propria attività di impresa.

Secondo le disposizio­ni convenzion­ali del predetto articolo 5, cui si conforma l’articolo 162 del Dpr 917/1986, infatti, costituisc­e un caso in cui non si con- figura la stabile organizzaz­ione, tra gli altri, quello in cui si fa uso di una installazi­one ai soli fini di deposito, di esposizion­e o di consegna di merci appartenen­ti all’impresa. Per cui il magazzino configura una stabile organizzaz­ione materiale nel caso in cui la società non residente svolga attività di deposito, di esposizion­e o di consegna di merci di proprietà anche di altre imprese ovvero nel caso in cui venga svolta qualsiasi altra attività (non preparator­ia o ausiliaria) quale ad esempio l’attività commercial­e di raccolta degli ordini nonché di vendita dei propri prodotti.

Cosicché, secondo l’Agenzia, al fine di escludere che un depo- sito venga considerat­o stabile organizzaz­ione è rilevante la circostanz­a che «tutte le operazioni» di cessione di prodotti finiti che la società non residente intende realizzare direttamen­te dall’estero siano precedute dalla fuoriuscit­a di tali prodotti dagli spazi di cui la stessa abbia la disponibil­ità.

In tal modo si ricollega la sussistenz­a di una stabile organizzaz­ione al solo fatto che il bene si trovi in un luogo «a disposizio­ne» della società estera nel momento in cui vengono poste in essere le «operazioni di vendita» con l’oggettiva difficoltà, che ciò comporta, di accertare che tutte le operazioni di cessione svolte all’estero siano eseguite dopo la predetta fuoriuscit­a.

Alla luce di tale interpreta­zione dell’Agenzia, onde evitare la presenza di una stabile organizzaz­ione in Italia, dunque, occorre procedere alla estrazione dei prodotti dal luogo dove essi sono detenuti (con le conseguent­i problemati­che di corretta gestione di tali operazioni alla luce della nuova normativa applicabil­e dal prossimo 1° aprile alle estrazioni dei beni dai depositi Iva) ed essere certi che ogni operazione collegata alla vendita dei beni sia posta in essere successiva­mente a tale estrazione.

Risulterà quindi necessario rivedere le policy contrattua­li di vendita dei gruppi esteri che utilizzano depositi italiani, sia doganali e/o Iva che non, nella consapevol­ezza di una non semplice gestione di tutte le operazioni di vendita post fuoriuscit­a e dei conseguent­i rischi nel caso in cui non si riesca a dimostrare tale ultima circostanz­a.

ILPUNTO Per evitare la configuraz­ione della «stabile» è necessario procedere all’estrazione dei prodotti prima di ogni operazione legata alla vendita

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