Mediaset, le mire Vivendi già dal 2015
Indagati Bolloré e De Puyfontaine per aggiotaggio ma l’inchiesta della Procura potrebbe allargarsi Sotto esame la speculazione su Mediaset - Calenda: pronta la norma anti-scalata
Potrebbe allungarsi la lista degli indagati nella vicenda Vivendi-Mediaset. Dopo Bolloré, primo azionista di Vivendi, risulta indagato anche l’ad, De Puyfontaine. Nel mirino la possibile speculazione sul titolo Mediaset. Ma le mire di Vivendi sul Biscione risalirebbero già al 2015 quando Berlusconi disse un primo no a Bollorè.
pLe mire di Vincent Bolloré su Mediaset non nascono a fine 2016. Ma già nei primi mesi del 2015, quando Silvio Berlusconi era ancora a prestare servizio sociale con gli anziani di Cesano Boscone e Vivendi aveva già ereditato l’8,3% di Telecom da Telefonica e stava valutando come valorizzare la partecipazione. Bolloré, a quanto risulta, si era fatto avanti con il fondatore di Mediaset chiedendo di cedergli il gruppo. Berlusconi, già allora, aveva detto no, ma non aveva lasciato cadere l’opportunità di stringere un’alleanza internazionale e soprattutto di trovare una soluzione al problema Premium. Insomma, l’idea dell’acquisizione sembrerebbe precedente allo scontro su Premium.
Intanto, sul fronte giudiziario potrebbe allungarsi la lista degli indagati per concorso in aggiotaggio che vede per ora coinvolti Bollorè e Arnaud De Puyfontaine.
pPotrebbe allungarsi la lista degli indagati per concorso in aggiotaggio (o anche per insider trading) nella vicenda della presunta scalata di Vivendi su Mediaset. Per ora sono due le persone accusate di aver manipolato il mercato, come anticipato ieri da Corriere della Sera e Repubblica: il finanziere Vincent Bolloré, primo azionista di Vivendi, e l’ad dello stesso gruppo di telecomunicazioni francese, Arnaud De Puyfontaine (i due non hanno ricevuto avvisi di garanzia per il momento). L’inchiesta, coordinata dai pm Fabio De Pasquale e Stefano Civardi, ora potrebbe allargarsi ad altri elementi. Per esempio il perché Vivendi si rivolse per la due diligence necessaria all’acquisto di Mediaset Premium prima a Deloitte Italia, poi, in una seconda fase, a Deloitte France. Come noto, poi l’acquisizione non è andata a buon fine (e da lì sarebbe partita la presunta Opa ostile dei francesi sugli italiani). Altro elemento di indagine è la possibile speculazione sul titolo avvenuta all’estero, perlopiù fuori dall’Ue, dove fondi schermati avrebbero acquistato dopo il 25 luglio - data in cui l’operazione Premium è staltata e il titolo di Mediaset è fortemente sceso - grandi volumi di azioni rivendute subito dopo a prezzi più alti, quasi raddoppiati.
La vicenda
L’inchiesta parte lo scorso dicembre, dopo che i francesi di Vivendi sono saliti rapidamente al 28,8% (con diritti di voto pari al 29,94%) nel capitale di Mediaset. Fininvest, la holding di controllo del Biscione, fa un esposto in procura, alla Consob e all’Agcom, in cui si denuncia la disdetta da parte di Vivendi, avvenuta a luglio, dell’acquisizione di Mediaset Premium, decisa a primavera. L’operazione avrebbe dovuto realizzarsi attraverso uno scambio azionario del 3,5% tra le due società. Secondo Mediaset la decisione dei francesi di rinunciare avrebbe provocato l’indebolimento del titolo in Borsa, creando le condizioni per potere agire successivamente con un’Opa ostile ai danni della società italiana «a prezzi di sconto».
Da qui l’esposto che contempla anche il reato di aggiotaggio: l’aver cioè simulato un’operazione nascondendo le reali intenzioni, di cui il mercato non sarebbe stato messo al corrente. Questa almeno la tesi dell’esposto (firmato dall’avvocato Niccolò Ghedini). Dal canto loro, i francesi non cedono rispetto alla loro linea, già chiarita dall’ad Arnaud de Puyfontaine, secondo il quale i conti di Mediaset Premium sarebbero stati differenti da quelli prospettati nei preliminari dell’operazione.
Le rogatorie internazionali
Le indagini a questo punto sono partite e la procura sta indagando utilizzando materiale proveniente dall’estero con delle rogatorie. In Italia e fuori sarebbero state sentite più persone. In procura a Milano sono state ascoltati più testimoni in qualità di persone informate sui fatti, tra cui Tarak Ben Ammar, consigliere di amministrazione di Vivendi e di Telecom e mediatore nel contratto di acquisto di Mediaset Premium, oltre a funzionari e dirigenti di Mediaset e Vivendi. Due giorni fa è stato ascoltato anche Pasquale Straziota, capo dell’ufficio legale di Mediaset. Le rogatorie all’estero sarebbero avvenute in Francia e anche in altri paesi fuori dall’Europa, dove possibili speculazioni sui titoli potrebbero essere avvenute. Ovviamente la questione è da approfondire.
Le sospette speculazioni
L’esposto di Fininvest suggerisce anche che dopo luglio ci sarebbero stati movimenti sospetti sul ti- tolo. Fatto su cui anche gli inquirenti potrebbero essere interessati a vederci più chiaro. Dopo l’estate ci sarebbero state molte acquisizioni effettuate dall’estero, probabilmente da alcuni paradisi fiscali (a dicembre si parla addirittura del 90% delle operazioni). Potrebbero esserci stati dei fondi schermati che avrebbero approfittato del ribasso dei prezzi per comprare molto rapidamente (come se già potessero aspettarsi il ribasso?) e poi rivendere con il successivo rialzo a fine 2016. Le speculazioni sarebbero state di vario tipo e tutte da valutare. Fatto sta che il titolo Mediaset in luglio è sceso del 20 percento.
Per capire se le accuse nei confronti di Vivendi abbiano un fondamento o meno servirà ancora tempo. Gli inquirenti attendono esiti di attività investigative, altro materiale da parte della Consob e l’audizione di altri testimoni. È possibile anche una convocazione degli indagati per interrogatori. Solo dopo queste complesse attività gli inquirenti decideranno se procedere o archiviare. Al momento tutti gli elementi vengono raccolti, e già parte del materiale di Consob è allo studio.
Nessun commento sugli indagati da parte di Vivendi, mentre l’avvocato di Fininvest Ghedini sottolinea che «la Procura di Milano ha iscritto il procedimento nei confronti di ignoti e solo dopo gli opportuni approfondimenti ha, evidentemente, ritenuto non infondata l’azione proposta. Tanto meno si può considerare ingiurioso in Italia rivolgersi alla Autorità Giudiziaria in casi consimili». Ovviamente c’è chi in queste ore sottolinea l’ironia della sorte nei confronti di Silvio Berlusconi, patron di Mediaset, da un lato imputato a Milano per il caso Ruby (ormai diventato “Ruby Ter”) e dall’altra possibile parte offesa nel caso Vivendi.