Brexit, la linea dura Ue ora preoccupa Londra
Accolta la linea Ue di Barnier: no a trattative commerciali senza impegno br itannico a pagare 60 miliardi Il sottosegretario Sandro Gozi: «Negoziati paralleli non sono una buona idea»
Gli esegeti delle tattiche negoziali oppongono la dimensione sequenziale a quella della contemporaneità, gli spiriti semplici la mettono giù in termini brutali: pagare moneta vedere cammello. Il riferimento è alla progenitrice di tutte le trattative prossime venture, sui termini del divorzio anglo-europeo che potrà cominciare in marzo, se Theresa May supererà gli ostacoli che la Camera dei Lords va piazzando.
Roma e Berlino alzano i paletti a sostegno della strategia ideata dal negoziatore europeo Michel Barnier, mentre la mappa dell’Europa post-Brexit comincia a ridefinirsi con l’altolà che si leva da Francoforte su possibili scorciatoie per le banche in uscita da Londra e con la “fuga”, fra molte virgolette, degli idraulici polacchi, metafora storica dell’immigrazione intra-europea. Manca un mese, al massimo, all’attivazione, da parte di Londra, dell’articolo 50 del trattato di Lisbona che farà scattare i due anni di trattative sui due lati della Manica per tracciare le intese del nuovo equilibrio anglo-europeo e le voci delle capitali Ue si levano unite e, per ora, senza stecche.
Il sottosegretario per gli Affari europei Sandro Gozi è stato chiaro nel dire che «negoziati paralleli non sono una buona idea» a conferma che senza «alcuna volontà punitiva» l’Italia vuole vedere un’Unione compatta nel trattare con Londra. Parole in linea con quelle che sono arrivate da Berlino, dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e soprattutto da Michel Barnier che rigetta l’idea dei tavoli paralleli sollecitata da Londra, indispettita dall’idea di dover pagare 60 miliardiperfarfronteallependenze con il bilancio Ue senza avere garanzie sulle future intese commerciali. Il ministro per la Brexit David Davis invoca negoziati contemporanei per concludere un unico deal. Alle voci di Roma, Berlino, Bruxelles si è aggiunta quella di parlamentari della Repubblica ceca che – co- me italiani e tedeschi – vorrebbero un deal rapido su bilancio e diritto reciproco (degli europei in Gran Bretagna e dei britannici nell’Ue) di residenza dei lavoratori emigrati.
Il Regno Unito non si attendeva un fronte compatto e ora guarda alla Spagna che potrebbe avere intenzioni meno severe dei partner. L’avvio della trattativa è passaggio-chiave per capire la piega che, nel suo complesso, prenderà il tavolo anglo-europeo, ma la cartina della Gran Bretagna post-Brexit sta già mutando. È l’ufficio nazionale di statistica del Regno Unito a svelare che l’immigrazione verso Londra, fenomeno considerato motore del pollice verso dei britannici all’Europa, stia rallentando. I polacchi sono la prima nazionalità europea di Londra, rapidi nel muovere verso le isole britanniche dopo l’allargamento dell’Unione, ma ora tendono a ripartire. L’immigrazione netta di polacchi, lituani, estoni s’è dimezzata fra il settembre 2015 e il settembre 2016, con un trimestre quindi di dati che considera anche le evoluzioni post referendum. E fra queste vanno considerati sia gli episodi di intolleranza razziale registrati dopo la consultazione del 23 giugno sia la caduta della sterlina che rende meno vantaggiose le rimesse degli emigranti. Una dinamica stigmatizzata dalle imprese che registrano partenze di dipendenti “europei” nell’industria del turismo, intrattenimento, agricoltura. «Ci vorranno moltianni–haammessoinsostanza il ministro David Davis – perché la manodopera locale riempia le posizioni che saranno lasciate scoperte». Soprattutto nei lavori meno qualificati. Ci penseranno, crediamo, bulgari e rumeni che secondo l’Istat britannica stanno rimpiazzando il calo dei polacchi. Il 28% degli europei che risiedono nell’Ue sono originari di Sofia o Bucarest. Numeri che non cambiano l’effetto complessivo con un’ immigrazione netta, nell’ultimo anno (settembre su settembre) a 270mila unità contro il record di 330 mila del 2014-2015.
Anche la City, s’è già detto, subirà gli effetti dell’esodo prodotto dalla Brexit. I numeri sono ancora ad alto tasso di approssimazione perché dipenderà dall’esito della trattativa, ma non potrà essere un esodo di facciata. Lo ha detto a Londra Andreas Dombret, membro del board della Bundesbank che ha ammonito i bankers con lui riuniti da qualsiasi tentativo di aprire in Germania semplici uffici di rappresentanza. «Non accetteremo banchieri volanti che arrivano a Francoforte per avviare operazioni in realtà eseguite a Londra», ha detto. Nessuna “casella postale” , dunque, sarà consentita dalla banca centrale tedesca per aggirare le norme sulle sussidiarie prevista dal mercato unico, ma solo strutture finanziarie operative a tutti gli effetti.
LE PRIME RICADUTE Rallenta l’immigrazione verso la Gran Bretagna: dimezzato il flusso di polacchi, lituani ed estoni. Timori delle imprese per la carenza di manodopera