Il Sole 24 Ore

Brexit, la linea dura Ue ora preoccupa Londra

Accolta la linea Ue di Barnier: no a trattative commercial­i senza impegno br itannico a pagare 60 miliardi Il sottosegre­tario Sandro Gozi: «Negoziati paralleli non sono una buona idea»

- di Leonardo Maisano

Gli esegeti delle tattiche negoziali oppongono la dimensione sequenzial­e a quella della contempora­neità, gli spiriti semplici la mettono giù in termini brutali: pagare moneta vedere cammello. Il riferiment­o è alla progenitri­ce di tutte le trattative prossime venture, sui termini del divorzio anglo-europeo che potrà cominciare in marzo, se Theresa May supererà gli ostacoli che la Camera dei Lords va piazzando.

Roma e Berlino alzano i paletti a sostegno della strategia ideata dal negoziator­e europeo Michel Barnier, mentre la mappa dell’Europa post-Brexit comincia a ridefinirs­i con l’altolà che si leva da Francofort­e su possibili scorciatoi­e per le banche in uscita da Londra e con la “fuga”, fra molte virgolette, degli idraulici polacchi, metafora storica dell’immigrazio­ne intra-europea. Manca un mese, al massimo, all’attivazion­e, da parte di Londra, dell’articolo 50 del trattato di Lisbona che farà scattare i due anni di trattative sui due lati della Manica per tracciare le intese del nuovo equilibrio anglo-europeo e le voci delle capitali Ue si levano unite e, per ora, senza stecche.

Il sottosegre­tario per gli Affari europei Sandro Gozi è stato chiaro nel dire che «negoziati paralleli non sono una buona idea» a conferma che senza «alcuna volontà punitiva» l’Italia vuole vedere un’Unione compatta nel trattare con Londra. Parole in linea con quelle che sono arrivate da Berlino, dal presidente della Commission­e Jean-Claude Juncker e soprattutt­o da Michel Barnier che rigetta l’idea dei tavoli paralleli sollecitat­a da Londra, indispetti­ta dall’idea di dover pagare 60 miliardipe­rfarfronte­allependen­ze con il bilancio Ue senza avere garanzie sulle future intese commercial­i. Il ministro per la Brexit David Davis invoca negoziati contempora­nei per concludere un unico deal. Alle voci di Roma, Berlino, Bruxelles si è aggiunta quella di parlamenta­ri della Repubblica ceca che – co- me italiani e tedeschi – vorrebbero un deal rapido su bilancio e diritto reciproco (degli europei in Gran Bretagna e dei britannici nell’Ue) di residenza dei lavoratori emigrati.

Il Regno Unito non si attendeva un fronte compatto e ora guarda alla Spagna che potrebbe avere intenzioni meno severe dei partner. L’avvio della trattativa è passaggio-chiave per capire la piega che, nel suo complesso, prenderà il tavolo anglo-europeo, ma la cartina della Gran Bretagna post-Brexit sta già mutando. È l’ufficio nazionale di statistica del Regno Unito a svelare che l’immigrazio­ne verso Londra, fenomeno considerat­o motore del pollice verso dei britannici all’Europa, stia rallentand­o. I polacchi sono la prima nazionalit­à europea di Londra, rapidi nel muovere verso le isole britannich­e dopo l’allargamen­to dell’Unione, ma ora tendono a ripartire. L’immigrazio­ne netta di polacchi, lituani, estoni s’è dimezzata fra il settembre 2015 e il settembre 2016, con un trimestre quindi di dati che considera anche le evoluzioni post referendum. E fra queste vanno considerat­i sia gli episodi di intolleran­za razziale registrati dopo la consultazi­one del 23 giugno sia la caduta della sterlina che rende meno vantaggios­e le rimesse degli emigranti. Una dinamica stigmatizz­ata dalle imprese che registrano partenze di dipendenti “europei” nell’industria del turismo, intratteni­mento, agricoltur­a. «Ci vorranno moltianni–haammessoi­nsostanza il ministro David Davis – perché la manodopera locale riempia le posizioni che saranno lasciate scoperte». Soprattutt­o nei lavori meno qualificat­i. Ci penseranno, crediamo, bulgari e rumeni che secondo l’Istat britannica stanno rimpiazzan­do il calo dei polacchi. Il 28% degli europei che risiedono nell’Ue sono originari di Sofia o Bucarest. Numeri che non cambiano l’effetto complessiv­o con un’ immigrazio­ne netta, nell’ultimo anno (settembre su settembre) a 270mila unità contro il record di 330 mila del 2014-2015.

Anche la City, s’è già detto, subirà gli effetti dell’esodo prodotto dalla Brexit. I numeri sono ancora ad alto tasso di approssima­zione perché dipenderà dall’esito della trattativa, ma non potrà essere un esodo di facciata. Lo ha detto a Londra Andreas Dombret, membro del board della Bundesbank che ha ammonito i bankers con lui riuniti da qualsiasi tentativo di aprire in Germania semplici uffici di rappresent­anza. «Non accetterem­o banchieri volanti che arrivano a Francofort­e per avviare operazioni in realtà eseguite a Londra», ha detto. Nessuna “casella postale” , dunque, sarà consentita dalla banca centrale tedesca per aggirare le norme sulle sussidiari­e prevista dal mercato unico, ma solo strutture finanziari­e operative a tutti gli effetti.

LE PRIME RICADUTE Rallenta l’immigrazio­ne verso la Gran Bretagna: dimezzato il flusso di polacchi, lituani ed estoni. Timori delle imprese per la carenza di manodopera

 ?? AFP ?? Diritto di restare. Una partecipan­te alla manifestaz­ione di lavoratori europei a Westminste­r, il 20 febbraio scorso
AFP Diritto di restare. Una partecipan­te alla manifestaz­ione di lavoratori europei a Westminste­r, il 20 febbraio scorso

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