L’escalation e la via stretta della pace
I“Berlusconis”, come li ha chiamati Vivendi nella nota indispettita di ieri, hanno segnato un punto a loro favore nella diatriba che si è aperta con i francesi su Mediaset. In questo momento i riflettori sono tutti puntati sulle carte bollate, con la Procura che non ha lasciato cadere l’esposto presentato da Fininvest per l’ipotesi di “manipolazione del mercato” , la Consob che sta lavorando a fianco dei magistrati e l’Agcom che sta stringendo i tempi per concludere l’istruttoria sul doppio ruolo di Bolloré in Telecom e nel Biscione.
I“Berlusconis”, come li ha chiamati Vivendi nella nota indispettita di ieri, hanno segnato un punto a loro favore nella diatriba che si è aperta con i francesi su Mediaset. In questo momento i riflettori sono tutti puntati sulle carte bollate, con la Procura che non ha lasciato cadere l’esposto presentato da Fininvest per l’ipotesi di «manipolazione del mercato» , la Consob che sta lavorando a fianco dei magistrati ma finora non sarebbe arrivata a conclusioni certe, e con l’Agcom che sta stringendo i tempi per concludere la sua istruttoria e stabilire se la posizione assunta dal gruppo presieduto da Vincent Bolloré, primo azionista di Telecom e secondo di Mediaset, sia compatibile con le norme che impediscono un legame tra l’incumbent delle tlc e il primario emittente televisivo. «Se vuoi la pace, prepara la guerra», dice la massima latina.
Ma qui pare che, a furia di preparare la guerra, la situazione sia scappata di mano. Mentre tutt’intorno, magistrati, Authority e persino il Governo stanno facendo le loro valutazioni che non necessariamente è detto collimino con le aspirazioni di “pace” che, a parole, i litiganti dicono di voler raggiungere. Giovedì, prima che si sapesse che anche lui, come guida operativa di Vivendi, era indagato, il ceo Arnaud de Puyfontaine aveva ripetuto agli analisti in conference call che era ottimista sulla possibilità di trovare un accordo. Poi ieri, come si è visto, i toni sono diventati molto meno concilianti.
Ammesso e non concesso che le accuse reciproche possano essere messe da parte per la Realpolitik degli affari, quale accordo è mai possibile oggi? All’antivigilia di San Valentino, dalle colonne di «Repubblica», Silvio Berlusconi ha assicurato che la sua famiglia la guerra non l’ha mai voluta, ma che comunque considera «Mediaset assolutamente incedibile». E in ogni caso, ha ricordato, «è necessario che tutti stiano ai patti, alle regole e alle leggi: su queste basi, ma solo su queste basi, gli accordi sono sempre benvenuti».
In pratica il fondatore di Mediaset ha proposto di ripartire dal contratto, firmato e vincolante, che Vivendi ha rigettato adducendo di essere stata fuorviata sulla reale situazione di Premium, senza peraltro denunciare “falsi”. Ma l’accordo di aprile prevedeva uno scambio azionario tra i due gruppi contingentato al 3,5%, con margini limitati per arrotondamenti concordati. La scalata, rimasta sospesa a un passo dalla soglia dell’Opa, è costata a Vivendi quasi 1,3 miliardi, vale a dire circa 3,7 euro ad azione. Se Fininvest, che ha dimostrato di non voler cedere il passo, si offrisse di rilevare le eccedenze, dovrebbe comunque acquistare a rate la quota francese per non superare, a sua volta, le soglie dell’Opa. E,solo dopo essere salita oltre il 50%, nei tempi consentiti, potrebbe concludere l’operazione. A che prezzo però? Come minimo Vivendi non vorrebbe perderci e d’altra parte non è detto che Fininivest sarebbe disposta a riconoscere un premio a una quota di minoranza.
È comunque ormai evidente che il disegno di Bolloré - che con Vivendi ha puntato in tutto 5 miliardi sul piatto dell’Italia - era quello di mettere a fattor comune Telecom e Mediaset. La legge però lo impedisce e un accordo privato non servirebbe a superare l’ostacolo. Se oltretutto l’Agcom, sollecitata a intervenire anche dall’esposto Fininvest, dovesse stabilire che i francesi le mani sul Biscione proprio non le dovevano mettere, smontare di fretta e furia una partecipazione arrivata al 28,8% si tradurrebbe in un bagno di sangue per Vivendi che, rastrellando le azioni in Borsa, aveva fatto raddoppiare le quotazioni nel giro di tre settimane.