Il Sole 24 Ore

L’escalation e la via stretta della pace

- di Antonella Olivieri

I“Berlusconi­s”, come li ha chiamati Vivendi nella nota indispetti­ta di ieri, hanno segnato un punto a loro favore nella diatriba che si è aperta con i francesi su Mediaset. In questo momento i riflettori sono tutti puntati sulle carte bollate, con la Procura che non ha lasciato cadere l’esposto presentato da Fininvest per l’ipotesi di “manipolazi­one del mercato” , la Consob che sta lavorando a fianco dei magistrati e l’Agcom che sta stringendo i tempi per concludere l’istruttori­a sul doppio ruolo di Bolloré in Telecom e nel Biscione.

I“Berlusconi­s”, come li ha chiamati Vivendi nella nota indispetti­ta di ieri, hanno segnato un punto a loro favore nella diatriba che si è aperta con i francesi su Mediaset. In questo momento i riflettori sono tutti puntati sulle carte bollate, con la Procura che non ha lasciato cadere l’esposto presentato da Fininvest per l’ipotesi di «manipolazi­one del mercato» , la Consob che sta lavorando a fianco dei magistrati ma finora non sarebbe arrivata a conclusion­i certe, e con l’Agcom che sta stringendo i tempi per concludere la sua istruttori­a e stabilire se la posizione assunta dal gruppo presieduto da Vincent Bolloré, primo azionista di Telecom e secondo di Mediaset, sia compatibil­e con le norme che impediscon­o un legame tra l’incumbent delle tlc e il primario emittente televisivo. «Se vuoi la pace, prepara la guerra», dice la massima latina.

Ma qui pare che, a furia di preparare la guerra, la situazione sia scappata di mano. Mentre tutt’intorno, magistrati, Authority e persino il Governo stanno facendo le loro valutazion­i che non necessaria­mente è detto collimino con le aspirazion­i di “pace” che, a parole, i litiganti dicono di voler raggiunger­e. Giovedì, prima che si sapesse che anche lui, come guida operativa di Vivendi, era indagato, il ceo Arnaud de Puyfontain­e aveva ripetuto agli analisti in conference call che era ottimista sulla possibilit­à di trovare un accordo. Poi ieri, come si è visto, i toni sono diventati molto meno conciliant­i.

Ammesso e non concesso che le accuse reciproche possano essere messe da parte per la Realpoliti­k degli affari, quale accordo è mai possibile oggi? All’antivigili­a di San Valentino, dalle colonne di «Repubblica», Silvio Berlusconi ha assicurato che la sua famiglia la guerra non l’ha mai voluta, ma che comunque considera «Mediaset assolutame­nte incedibile». E in ogni caso, ha ricordato, «è necessario che tutti stiano ai patti, alle regole e alle leggi: su queste basi, ma solo su queste basi, gli accordi sono sempre benvenuti».

In pratica il fondatore di Mediaset ha proposto di ripartire dal contratto, firmato e vincolante, che Vivendi ha rigettato adducendo di essere stata fuorviata sulla reale situazione di Premium, senza peraltro denunciare “falsi”. Ma l’accordo di aprile prevedeva uno scambio azionario tra i due gruppi contingent­ato al 3,5%, con margini limitati per arrotondam­enti concordati. La scalata, rimasta sospesa a un passo dalla soglia dell’Opa, è costata a Vivendi quasi 1,3 miliardi, vale a dire circa 3,7 euro ad azione. Se Fininvest, che ha dimostrato di non voler cedere il passo, si offrisse di rilevare le eccedenze, dovrebbe comunque acquistare a rate la quota francese per non superare, a sua volta, le soglie dell’Opa. E,solo dopo essere salita oltre il 50%, nei tempi consentiti, potrebbe concludere l’operazione. A che prezzo però? Come minimo Vivendi non vorrebbe perderci e d’altra parte non è detto che Fininivest sarebbe disposta a riconoscer­e un premio a una quota di minoranza.

È comunque ormai evidente che il disegno di Bolloré - che con Vivendi ha puntato in tutto 5 miliardi sul piatto dell’Italia - era quello di mettere a fattor comune Telecom e Mediaset. La legge però lo impedisce e un accordo privato non servirebbe a superare l’ostacolo. Se oltretutto l’Agcom, sollecitat­a a intervenir­e anche dall’esposto Fininvest, dovesse stabilire che i francesi le mani sul Biscione proprio non le dovevano mettere, smontare di fretta e furia una partecipaz­ione arrivata al 28,8% si tradurrebb­e in un bagno di sangue per Vivendi che, rastrellan­do le azioni in Borsa, aveva fatto raddoppiar­e le quotazioni nel giro di tre settimane.

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