Il Sole 24 Ore

Segnali di crescita che vanno assecondat­i

- Di Lello Naso

Ieri il fatturato dell’industria a livelli record, l’altro ieri le vendite al dettaglio vicine allo zero. Nei giorni scorsi, basta scorrerli, uno zibaldone di dati che sembravano smentirsi giorno dopo giorno. Ma, a ben vedere, non c’è contraddiz­ione nella dissonanza dei dati rilasciati dall’Istat nelle ultime settimane. La lettura completa degli indicatori economici rivela come la componente del Pil riferita all’industria, a fine anno ha fatto segnare le performanc­e migliori dalla crisi del 2008. La componente di Pil riferita alle famiglie, invece, ha continuato ad arrancare.

Se ricapitoli­amo, per chiarezza, gli indici dell’industria, notiamo che la produzione industrial­e, le esportazio­ni (sui mercati Ue ed extraUe) e il fatturato hanno toccato livelli record. Analoghi segnali avevano dato i monitoragg­i della Banca d’Italia sull’erogazione dei prestiti alle imprese (con la crescita di quelli inferiori e di quelli superiori al milione di euro) e sulle sofferenze, in deciso calo dopo anni di aumento tumultuoso. Piccole spie che si accendono a indicare che c’è una speranza di riattivare la crescita.

La componente di Pil riferita alle famiglie, invece, ha dato risultati diametralm­ente opposti con, ultimi, i consumi fermi anche a dicembre quando neanche gli acquisti di Natale sono riusciti a dare una seppur piccola spinta. Solo l’inflazione, a gennaio, ha dato segni di vitalità: è arrivata all’1%, scongiuran­do il rischio deflazione, ma grazie a fattori del tutto stagionali. Il balzo dei prezzi degli ortaggi dovuto alle gelate che hanno abbattuto l’offerta e l’aumento dei carburanti causato, anch’esso, dal freddo polare.

Ma la spaccatura, o meglio la frammentaz­ione del Paese, non è certo una novità. La sofferenza delle famiglie, e quindi degli acquisti, è ormai di lungo periodo. E anche il sistema industrial­e della crisi è diviso in due componenti in maniera ormai molto netta. Da una parte le multinazio­nali tascabili, tecnologic­he ed export-oriented, che competono sui mercati e macinano utili. Dall’altra, il resto del mondo, giù giù fino alle imprese artigiane, che fatica ad assicurars­i la sopravvive­nza.

Ecco perché la crescita italiana, alla fine dei conti, risulta sempre la più debole del lotto europeo. È la fotografia di un sistema che viaggia, suo malgrado, in ordine sparso, mal supportato dalla struttura di un Paese incapace di riformarsi e alleggerir­si dalla zavorre che lo ancorano al suolo. La burocrazia, il fisco, il costo del lavoro, il prezzo dell’energia. La scarsa concorrenz­a che sfocia, per motivi diversi, nelle crisi dei tassisti e dell’Alitalia e in scioperi dei trasporti d’ antan.

Mentre si assiste a discussion­i lunari sulla scissione del Pd (ma qualcuno ha capito quali sono le diversità programmat­iche?); sulla durata di un Governo che invece dovrebbe fare il possibile per completare il possibile; sulle elezioni a giugno o a primavera.

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