Segnali di crescita che vanno assecondati
Ieri il fatturato dell’industria a livelli record, l’altro ieri le vendite al dettaglio vicine allo zero. Nei giorni scorsi, basta scorrerli, uno zibaldone di dati che sembravano smentirsi giorno dopo giorno. Ma, a ben vedere, non c’è contraddizione nella dissonanza dei dati rilasciati dall’Istat nelle ultime settimane. La lettura completa degli indicatori economici rivela come la componente del Pil riferita all’industria, a fine anno ha fatto segnare le performance migliori dalla crisi del 2008. La componente di Pil riferita alle famiglie, invece, ha continuato ad arrancare.
Se ricapitoliamo, per chiarezza, gli indici dell’industria, notiamo che la produzione industriale, le esportazioni (sui mercati Ue ed extraUe) e il fatturato hanno toccato livelli record. Analoghi segnali avevano dato i monitoraggi della Banca d’Italia sull’erogazione dei prestiti alle imprese (con la crescita di quelli inferiori e di quelli superiori al milione di euro) e sulle sofferenze, in deciso calo dopo anni di aumento tumultuoso. Piccole spie che si accendono a indicare che c’è una speranza di riattivare la crescita.
La componente di Pil riferita alle famiglie, invece, ha dato risultati diametralmente opposti con, ultimi, i consumi fermi anche a dicembre quando neanche gli acquisti di Natale sono riusciti a dare una seppur piccola spinta. Solo l’inflazione, a gennaio, ha dato segni di vitalità: è arrivata all’1%, scongiurando il rischio deflazione, ma grazie a fattori del tutto stagionali. Il balzo dei prezzi degli ortaggi dovuto alle gelate che hanno abbattuto l’offerta e l’aumento dei carburanti causato, anch’esso, dal freddo polare.
Ma la spaccatura, o meglio la frammentazione del Paese, non è certo una novità. La sofferenza delle famiglie, e quindi degli acquisti, è ormai di lungo periodo. E anche il sistema industriale della crisi è diviso in due componenti in maniera ormai molto netta. Da una parte le multinazionali tascabili, tecnologiche ed export-oriented, che competono sui mercati e macinano utili. Dall’altra, il resto del mondo, giù giù fino alle imprese artigiane, che fatica ad assicurarsi la sopravvivenza.
Ecco perché la crescita italiana, alla fine dei conti, risulta sempre la più debole del lotto europeo. È la fotografia di un sistema che viaggia, suo malgrado, in ordine sparso, mal supportato dalla struttura di un Paese incapace di riformarsi e alleggerirsi dalla zavorre che lo ancorano al suolo. La burocrazia, il fisco, il costo del lavoro, il prezzo dell’energia. La scarsa concorrenza che sfocia, per motivi diversi, nelle crisi dei tassisti e dell’Alitalia e in scioperi dei trasporti d’ antan.
Mentre si assiste a discussioni lunari sulla scissione del Pd (ma qualcuno ha capito quali sono le diversità programmatiche?); sulla durata di un Governo che invece dovrebbe fare il possibile per completare il possibile; sulle elezioni a giugno o a primavera.