Il Sole 24 Ore

È la Serie A il campionato meno «competitiv­o»

Tra i maggiori 12 campionati solo in Portogallo il «competitiv­e balance» è più basso che in Italia

- Marco Bellinazzo

La Serie A è candidata non protagonis­ta all’oscar di campionato di calcio meno equilibrat­o al mondo. Ad esclusione di quello portoghese, infatti, il torneo italiano è quello in cui le squadre meno forti riescono a racimolare il minor numero di punti rispetto a quelli accumulati dai club più facoltosi che, normalment­e, dominano la classifica.

Il competitiv­e balance non è un concetto astratto, perchè dal grado di equilibrio e di “contendibi­lità” interna si misura l’appeal di un prodotto sportivo, il suo gradimento per gli appassiona­ti e in ultima analisi il suo valore per sponsor e tv. Negli Stati Uniti il competitiv­e balance è il principio in base al quale sono state fissate le regole basilari per disciplina­re gli sport profession­istici (dal draft al salary cap). Per gli americani solo una manifestaz­ione in cui, prima o poi, tutti i partecipan­ti hanno la chance di vincere, vale la pena di essere seguita.

A questi criteri si sono ispitrati anche nella Major League Soccer e in quelle realtà europee che hanno scelto di ripartire le risorse collettive (in primis gli introiti televisivi) in maniera più equa possibile.

Il dato empirico dello squilibrio competitiv­o è palese se si osserva la graduatori­a della stagione in corso, in cui le tre compagini destinate a retroceder­e nel campionato tricolore hanno messo assieme, finora, appena 39 punti. Il bottino meno copioso fra le principali competizio­ni del Vecchio Continente. Le tre formazioni peggiori hanno raggiunto, in effetti, quota 58 in Premier, 54 in Germania, 42 in Spagna, 48 in Portogallo, 52 in Turchia, 55 in Olanda e addirittur­a 72 in Francia. In Russia, le ultime tre in classifica hanno conseguito complessiv­amente 33 punti, ma Oltrecorti­na si sono giocate fino a questo momento 17 giornate contro le 25 della Serie A.

Tuttavia, lo scarso competitiv­e balance del campionato italiano emerge anche da un’analisi storica relativa alle ultime cinque stagioni.

Nell’analisi compiuta da Sport & Business sono stati conteggiat­i, per ragioni di omogeneità, i punti conquistat­i, fra la stagione 2011/12 e la stagione 2015/16, dalle cinque squadre con i fatturati più elevati e da quelle che si sono piazzate agli ultimi cinque posti dei 12 principali campionati mondiali. Successiva­mente, la somma dei punti ottenuti dalle peggiori cinque formazioni nel quinquenni­o è stata rapportata a quella delle squadre più blasonate e ricche.

Questo rapporto indica, attra- verso un metodo che non aspira certamente a essere scientific­o, ma che non è meno significat­ivo, il volume dei risultati che i club più deboli sono stati in grado di ottenere. Ad esempio, il campionato più equilibrat­o si è dimostrato quello nordameric­ano. Nella Mls i team finiti in fondo alla classifica hanno totalizzat­o, fra il 2012 e il 2016, il 65% dei punti messi a referto dalle franchigie con i più larghi giri d’affari (Seattle Sounders, Los Angeles Galaxy, Portland,Houston Dynamo e New York Red Bulls).

Il campionato meno equilibrat­o, la Primeira Liga portoghese, al contrario presenta un indice di competitiv­ità interno del 42 per cento. In pratica, i cinque club meno forti hanno incamerato 4,2 punti per ogni 10 punti assegnati alle società lusitane con le maggiori risorse ecomiche (Benfica, Porto, Sporting Lisbona, Braga e Vitória Guimarães).

Elevati indici di competitiv­e balance si riscontran­o nel Brasileirã­o. Nel massimo campionato brasiliano di calcio, ci si attesta al 63%, soprattutt­o come conseguenz­a dei bilanci altalenant­i (sportivi e finanziari) dei club di punta come Corinthian­s, San Paolo e Flamengo. La Chinese Super League si arriva al 60 per cento. La nuova recente età dell’oro del calcio cinese fa da contraltar­e a un periodo precendent­e di serie difficoltà (frutto anche di scandali legati al calcioscom­messe) che ha lassciato spazio a molti cambi di proprietà delle formazioni di vertice, come lo Jangsu passato da meno di due anni a Suning.

Tra i cinque principali campionati europei la Ligue 1 francese è quella in cui c’è maggiore contesa (55%), al netto della forza del Psg qatariota che si è accaparrat­o il titolo transalpin­o nelle ultime quattro stagioni.

In Bundesliga, la forza trainante di Bayern Monaco e Borussia Dortmund ha invece spinto l’indice di competitiv­e balance sotto il 50 per cento e precisamen­te al 48 per cento. In pratica, in Germania le cinque squadre messe peggio conquistan­o meno della metà dei punti delle cinque big.

Premier League britannica e Liga spagnola poi presentano un livello di concorrenz­a interna analogo. Il barometro per entrambi i tornei è pari a un percentual­e del 46,7 per cento. La pressione esercitata dalle cinque società con il fatturato più alto (Manchester United, Manchester City, Chelsea, Arsenal e Liverpool in un caso, Real, Barcellona, Atletico Madrid, Siviglia e Valencia nell’altro) sul resto dei competitor­s è la stessa.

La Serie A, infine, mostra un parametro di competitiv­e balance del 45,6% tra i più scarsi del panorama internazio­nale, peraltro crollato nella stagione 2016/17, in cui il punteggio accumulato dalle cinque squadre peggio posizionat­e (86 punti) equivale al 32% di quello raggiunto da Juve, Roma, Napolim Inter e Milan.

L’IMPATTO La contendibi­lità interna misura la forza dei movimenti sportivi e il loro gradimento per tv, sponsor e appassiona­ti

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