Quando la cedola spaventa il mercato
Penalizzati BTp e OaT con coupon più alto
Stesso emittente, stessa scadenza, ma rendimento differente: un apparente paradosso, che può però verificarsi nei periodi in cui il mercato dei titoli di Stato è sotto stress, proprio come in questi giorni. Se confrontiamo per esempio il BTp maggio 2031 con quello che arriva a maturità nel marzo dello stesso anno, cioè soli due mesi prima, si scopre una differenza di rendimento di circa dieci centesimi (2,64% contro 2,54%). Potranno forse sembrare pochi spiccioli, ma quel divario si è costruito tutto da inizio anno e, quando lo si proietta sui prezzi dei due titoli, diventa un 1,4% che per chi fa trading sui bond è quasi un’enormità.
Non si tratta certo di un episodio isolato: fra il tasso del BTp settembre 2036 e quello con scadenza febbraio 2037 corrono addirittura 16 punti base e differenze simili si avvertono anche sugli OaT francesi, e non è certo un caso. La «colpa» del titolo più penalizzato è quella di pagare cedole annue più elevate (6% contro 1,65% nel primo caso, 4% contro 2,25% nel secondo) in quello che è un fenomeno che si ripropone spesso quando il mercato è in tensione: lo dimostra l’autunno 2011, quando in piena crisi del debito su certe coppie di BTp il divario aveva raggiunto anche l’1 per cento.
Preferire i bond con cedola più ridotta a parità di scadenza, così come quelli che trattano con prezzi sotto la pari è del resto da molti ritenuta una tipica scelta di chi cerca di cautelarsi contro un’insolvenza dell’emit- tente. Questo semplicemente perché in un simile caso estremo la perdita potenziale sofferta da questi ultimi sarebbe inferiore: finché il mercato viaggia tranquillo lo scarto è impercettibile, ma quando la situazione si fa tesa (magari per via di rischi politici, vedi Francia), le differenze tornano a galla.
Sostenere che gli investitori stiano pensando seriamente a un default di Roma o Parigi è in effetti eccessivo, anche perché altri indicatori monitorati dagli analisti non mostrano segnali di preoccupazione e vi sono pur sempre anche ragioni tecniche all’origine degli scostamenti appena segnalati. Vista la tendenza alla riduzione dei rendimenti negli ultimi anni, i BTp con cedole più alte sono anche da più tempo sul mercato: «Questi tendono a rimanere custoditi nei portafogli degli investitori istituzionali e risultano quindi meno liquidi», sottolinea Luca Cazzulani, strategist obbligazionario di UniCredit Research.
Gran parte dei titoli a cedola più bassa sono i noltre stati emessi negli ultimi quattro anni e contengono perciò le «Cac», quelle clausole di azione collettiva introdotte appunto nel 2013 che disciplinano, semplificandole, le procedure di ristrutturazione del debito e che per questo motivo li rendono più graditi agli investitori. Il mercato non starà insomma mettendo nel mirino il mancato rimborso dei bond da parte di Italia o Francia, ma non rinuncia certo a farsi bene i propri conti.