Incertezza finita, ora il Leone guarda avanti
Trieste, dopo un mese sotto attacco, rimane potenzialmente scalabile: ora le energie si devono concentrare sul piano industriale presentato il novembre scorso
Per Generali si chiude una fase assai tormentata. Negli ultimi mesi è stata spesso al centro di rumor che la dipingevano come preda di ogni genere di appetiti: da quelli stranieri, dei colossi Axa e Allianz, a quelli italiani manifestati da una banca chiave per il paese, Intesa Sanpaolo.
Nei giorni scorsi si è prima sfilato il gruppo tedesco, chiarendo che le mire espansive della società non guardano all’Europa ma al limite all’Asia. Altrettanto ha fatto Axa, specificando che lo sguardo è rivolto altrove ma che in ogni caso non sono in agenda né piccole né grandi operazioni. Ieri sera è stata la volta di Ca’ de Sass che dopo aver apertamente dichiarato di guardare a possibili « combinazioni industriali » con il Leone, a circa un mese di distanza dalla prima presa di posizione ha annunciato di aver chiuso definitivamente l’analisi e di aver accantonato qualsiasi ambizione su Trieste.
Al quartier generale della compagnia assicurativa non si può dire che sia stato tirato un sospiro di sollievo ma certamente l’allentamento della pressione esterna permette nuovamente di convogliare tutte le energie sul piano indu- striale presentato il novembre scorso. Con la consapevolezza che questa fase di incertezza ha messo in luce alcuni punti deboli della società che lo scampato pericolo ora impone di affrontare con maggiore determinazione. Il primo è certamente legato al livello del titolo in Borsa. Le quotazioni attuali, ieri il titolo Generali ha chiuso in ribasso dell’1,81% a 14,1 euro, valgono una capitalizzazione attorno ai 23 miliardi. Troppo poco, come ha dimostrato la finestra recente, per stare sul mercato senza avere timori di attacchi ostili. Su questo e in particolare sulla dimensione del gruppo il management è dunque chiamato a lavorare. D’altra parte, in quest’ottica, non si può dimenticare che fin qui ogni crescita dimensionale è stata finanziata più dal debito che dal capitale e questo, evidentemente, in passato ma soprattutto durante le fasi più acute della crisi dei mercati, ha inciso sulle quotazioni.
Nell’immediato, però, quel che più preme è che il passo indietro di Intesa Sanpaolo sgombra finalmente il campo da alcune incognite che investitori e Piazza Affari non vedevano di buon occhio per il futuro della società. I timori era- no concentrati sul possibile ridimensionamento del perimetro a livello internazionale. Passaggio che Intesa avrebbe potuto caldeggiare per rientrare almeno parzialmente delle risorse che avrebbe dovuto investire per prendere il controllo della società. Allo stesso modo preoccupavano le possibili ripercussioni a livello Antitrust sul territorio italiano, che avrebbero potuto incidere sensibilmente sulla rete agenziale del paese. Qualche perplessità è stata poi espressa rispetto al modello di bancassicurazione che questa operazione avrebbe riproposto. Un modello che in passato, vedi il caso Dresdner-Allianz, ha mostrato diverse fragilità. In ultimo, non è sfuggito agli occhi di diversi investitori il fatto che Intesa Sanpaolo e Generali assieme avrebbero avuto circa 160 miliardi di titoli di stato in portafoglio: tanti, probabilmente troppi.
Per tutte queste ragioni, la decisione di Ca’ de Sass viene vista dagli operatori come un’opportunità per entrambe le società. Sia la banca che la compagnia assicurativa potranno tornare a concetrarsi sul core business riprendendo le fila degli ambiziosi piani industriali
Tutte e due, peraltro, stando a uno studio recentemente pubblicato da Tenax Capital, potrebbero presto beneficiare del nuovo quadro economico che secondo gli osservatori porterà, sulla scia dell’aumento dell’inflazione, a un incremento dei tassi. Ascesa che, come è ben noto, va a beneficio principalmente degli assicuratori con le compagnie Vita in prima fila a sfruttare positivamente i nuovi indicatori.
Quanto al destino della quota del 3,4% che Generali ha acquistato in Intesa Sanpaolo per difendersi da possibili operazioni di stake building, al momento non è stata presa alcuna decisione. Ogni valutazione è rimandata alle prossime settimane quando sarà più chiaro comprendere anche il possibile valore prospettico di un asset ormai derubricato a investimento finanziario. Scomparsa l’esigenza di tenere alta la guardia da possibili affondi di Ca’ de Sass permane la necessità di rendere comunque profittevole l’operazione. Si vedrà in che che modo. Intanto, conforta in ogni caso il messaggio ribadito di recente dall’amministratore delegato di UniCredit, Jean Pierre Mustier, che in quanto primo socio di Mediobanca, a sua volta primo azionista delle Generali, intende impegnarsi per garantire l’italianità del Leone.
I NODI SCIOLTI A Piazza Affari l’operazione con Intesa destava timori: preoccupava il fronte Antitrust ma anche la valenza industriale dell’unione saltata I NODI DA SCIOGLIERE La vicenda ha evidenziato i punti deboli del gruppo assicurativo, a partire dalla debolezza del titolo in Borsa che lo rende facile preda