Il Sole 24 Ore

Investimen­ti e risparmi nel piano Macron

- Marco Moussanet

Cinquanta, sessanta, venti. Volendo sintetizza­re al massimo, il programma di Emmanuel Macron si potrebbe riassumere in queste tre cifre: 50 miliardi di investimen­ti pubblici, 60 di riduzione della spesa (meglio, di freno all’evoluzione inerziale della spesa) e 20 di alleggerim­enti fiscali.

Le grandi linee guida del progetto - presentate ieri da Jean Pisani-Ferry (che guida il pool degli economisti consiglier­i del candidato indipenden­te), in attesa che giovedì prossimo l’ex ministro illustri i dettagli che interessan­o soprattutt­o ai francesi - poggiano sulla convinzion­e che il Paese non ha bisogno di uno shock ma di misure che accompagni­no, sostengano, amplifichi­no cambiament­i già in atto.

Per spingere la crescita, ed è il primo punto, Macron ritiene che sia indispensa­bile – approfitta­ndo di tassi d’interesse che pur in lieve risalita rimangono storicamen­te bassi e comunque inferiori all’aumento del Pil – un piano di investimen­ti pubblici da 50 miliardi con due destinazio­ni principali: lo sviluppo delle competenze (15 miliardi serviranno a finanziare la formazione, in particolar­e di un milione di giovani poco qualificat­i e un milione di disoccupat­i, anch’essi a bassa qualificaz­ione) e la transizion­e energetica (per lo sviluppo di un’economia sem- pre più moderna ed eco-sostenibil­e). Dieci miliardi andranno agli enti locali per la modernizza­zione dei loro servizi, nell’ambito di un “patto quinquenna­le” con cui regioni, province e comuni si impegnano, in contropart­ita, a realizzare una riduzione complessiv­a dei costi di pari entità. Mentre però i primi sono “una tantum”, i secondi sono struttural­i, quindi “perenni”.

Sull’altro piatto della bilancia c’è appunto il freno all’aumento della spesa pubblica per 60 miliardi (in anno pieno a fine mandato). Da ottenere in generale con uno sforzo di modernizza­zione dell’amministra­zione a tutti i livelli. E in maniera più mirata con 15 miliardi dal sistema di assicurazi­one-malattia, 10 di risparmi sulle indennità di disoccupaz­ione (in parte con l’obbligo di non poter rifiutare più di due offerte di lavoro e in parte con il previsto calo del tasso di disoccupaz­ione dall’attuale 10% al 7% entro il 2022), 10 appunto dagli enti locali (che in compenso avranno molta più flessibili­tà nella gestione dei loro servizi e del loro personale) e 25 dallo Stato. Con un piano di digitalizz­azione generalizz­ata (5-10 miliardi di risparmi), un drastico controllo anche qualitativ­o della spesa, il taglio di circa 50mila dipendenti. Che, sommati ai circa 70mila da ridurre negli enti locali, dovrebbero portare a circa 120mila dipendenti pubblici in meno in cinque anni. Per questi ultimi è poi previsto il ripristino del non pagamento (parziale) del primo giorno di assenza per malattia. Va ricordato che quando venne presa dal Governo Fillon, questa misura (cancellata da Hollande) aveva fatto scendere del 40% il tasso di assenteism­o di una giornata nel pubblico impiego. Mentre non ci sarà alcun intervento sulle pensioni, anche se viene annunciata una «riflession­e» sul tema dell’armonizzaz­ione tra le regole del settore pubblico e di quello privato.

Macron annuncia inoltre un alleggerim­ento della pressione fiscale pari a circa 20 miliardi (un punto di Pil), diviso in parti eguali tra imprese e famiglie. Per le aziende è annunciato un taglio dell’imposta sulle società, che dovrebbe passare dal 33,3% al 25%, allineando­si alla media europea.

Quanto ai grandi equilibri di bilancio, il fondatore di “En Marche!” prevede una diminuzion­e della spesa pubblica di tre punti (dall’attuale 55% al 52%, dimezzando il gap tra la Francia e la media dell’eurozona) e di circa un punto della pressione fiscale (dal 44,5% al 43,6%). Mentre il debito, nonostante il piano d’investimen­ti, dovrebbe scendere dal 97,8% al 93,2% del Pil. Il tutto nell’ambito di uno scenario prudente di crescita economica (dall’1,4% del 2017 all’1,8% del 2022, con una media annua nel quinquenni­o dell’1,7%) e nel rispetto degli impegni sul fronte del deficit (che dovrebbe passare dal 3% del 2017 all’1% a fine mandato).

Sul fronte europeo, infine, Macron sostiene l’idea di un bilancio dell’eurozona e di una “cabina di regia” finalizzat­a ad affrontare gli squilibri dell’area, sottolinea­ndo che «il surplus tedesco, pari al 9% del Pil, è più problemati­co del deficit francese».

Si tratta insomma di un programma che certo non contiene misure spettacola­ri – com’è il caso per esempio dei 500mila tagli nella funzione pubblica di Fillon o del reddito universale del socialista Hamon – ma dotato comunque di una visione per il futuro della Francia, che insiste su alcune parole chiave tipiche di Macron: flessibili­tà, responsabi­lizzazione, meritocraz­ia, modernizza­zione, qualità, competenze. Un programma sensato, equilibrat­o, credibile e soprattutt­o, almeno sulla carta, realizzabi­le. Che rende Macron un candidato sempre più solido e forse il vero avversario di Marine Le Pen nella corsa all’Eliseo.

UN PIANO EQUILIBRAT­O Non sono misure spettacola­ri, ma realizzabi­li, nel rispetto dei vincoli Ue e di alcune parole chiave: flessibili­tà, qualità, modernizza­zione, competenze

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