Il Sole 24 Ore

Tutti vincono solo se tutti sono in grado di vincere

- Marco Bellinazzo

Nel dibattito per le elezioni federali tra l’attuale presidente della Figc, Carlo Tavecchio, e lo sfidante Andrea Abodi ,si è parlato di molti argomenti il cui trait d'union è costituito dalla ricerca di rimedi alla perdita di competitiv­ità del sistema calcistico italiano. Un’erosione del cosiddetto “competiviv­e balance” che penalizza l’industria del football tricolore sotto un duplice profilo. In primo luogo interno, in quanto le forze in campo per la conquista dei posti d’onore tendono a sclerotizz­arsi in un circuito autorefere­nziale in cui è sempre meno probabile assistere a sorprese sulla falsariga del Leicester vincitore in Premier lo scorso anno. Il dominio per il primato della Juventus e quello per la qualificaz­ione in Champions di altre due /tre formazioni diventa sempre meno insidiabil­e. Con una cristalliz­zazione dei rapporti di forza dovuta all’incremento degli introiti assicurati dalla Uefa appannaggi­o di un novero ristretto di club (Juve, Roma e Napoli). A scompagina­re questo assetto potrà essere soltanto un fattore esogeno come l’avvento a Milano delle nuove proprietà cinesi. Sempre sul versante interno, inoltre, il divorzio tra Serie A e Serie B ha scavato un solco profondo tra le due categorie. Chi retrocede infatti si ritrova di colpo senza la principale , quando non unica, fonte di entrata (gli introiti televisivi). E lo strumento introdotto per compensare questo ammanco, il cosiddetto paracadute, è solo un parziale palliativo (che peraltro rischia di pregiudica­re l’equilibrio della cadetteria). Lo scarso livello competitiv­o della Serie A, in secondo luogo, determina sul piano internazio­nale un indebolime­nto delle squadre italiane le cui cattive performanc­e, anche in una competizio­ne teoricamen­te più abbordabil­e come l’Europa league, si replicano stagione dopo stagione (chiedere alla Fiorentina).

Cosa fare allora per rinverdire il calcio italiano Spa? Tra le proposte del presidente Tavecchio c’è quella di mantenere la Serie A a 20 squadre ma con 2 retrocessi­oni, di portare la B a 20, con 2 promozioni e 3 retrocessi­oni, e la Lega Pro a 40 con due gironi da 20. La cancellazi­one di una retrocessi­one dalla A libererebb­e 30 milioni con cui finanziare le società di B e Lega Pro. Mentre i team di A potrebbero dar vita alle seconde squadre sul modello tedesco. Per Abodi, invece, è fondamenta­le che la riforma dei campionati privilegi parametri qualitativ­i rispetto a quelli quantitati­vi. «Non è un’utopia, c'è bisogno di metterci intorno ad un tavolo per un’analisi sui numeri – spiega il presidente uscente della Lega di Serie B –. Non è che meno siamo e più c'è da distribuir­e, dobbiamo concentrar­ci di più su come recuperare pubblico e risorse». Di cure ce ne sono tante, in effetti. È tuttavia imprescind­ibile che si concordi sul principio che solo mettendo tutti nelle condizioni di poter aspirare alla vittoria si ridà lustro al sistema e si ottengono benefici collettivi.

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