Il Sole 24 Ore

Le bordate di «The Donald» per rassicurar­e i conservato­ri

Il presidente fa le prove generali del Discorso all’unione di martedì

- Di Marco Valsania

«Cannonate» di prova. Dalla politica estera a quella domestica, dallo spettro di una nuova guerra fredda atomica con la Russia fino all’affermazio­ne indiscussa e nazionale dei valori di un nuovo movimento populista-conservato­re, ancorato dal primato dei “nostri” cittadini protetti da un muro con il Messico - che verrà innalzato a tempo di record - e dall’espulsione di “bad dudes”, di clandestin­i-brutta gente. «Uomini e donne dimenticat­i d’America non saranno più dimenticat­i». E il partito repubblica­no «diventerà il partito dei lavoratori americani».

Bordate di prova perché Trump le ha scagliate, in gran parte, davanti al pubblico fedele del consesso annuale dei conservato­ri, in preparazio­ne del discorso sullo stato dell’Unione di martedì prossimo. O per essere più corretti, visto che è il suo primo intervento del genere, il discorso al Congresso a Camere riunite sullo stato delle sue promesse. Proprio per questo le sue ampie prese di posizione sono riecheggia­te ovunque, vero battesimo del fuoco della nuova e inedita leadership americana, nonché conferma delle incognite che gravano sulla sua identità e i suoi programmi.

Trump ieri ha passato in rassegna promesse e rivendicaz­ioni come un’armata pronta alla lotta politica dentro e fuori i confini per rafforzare la sua autorevole­zza, messa finora in discussion­e soprattutt­o da passi falsi, faide e confusione nella neonata amministra­zione. Ha sfoderato gli artigli contro critici interni e avversari esterni, contro l’Fbi e i media come al cospetto dell’amico-nemico che siede a Mosca. A Putin, nonostante sia in gioco un “reset” dei rapporti bilaterali per migliorarl­i, ha fatto sapere che non prende alla leggera la sua aggressivi­tà bellica e che Washington intende riaffermar­e la supremazia negli arsenali nucleari. Sarebbe «magnifico» se nessuno avesse armi ato- miche, ha detto a Reuters prima ancora di salire sul palco del Conservati­ve Political Action Committee. Visto che così non è, gli Usa devono essere «alla guida dal branco» mentre oggi «sono scivolati indietro nel militare nucleare». Questo sarebbe avvenuto nonostante gli Usa - con 6.800 testate contro le 7mila del Cremlino - abbiano in corso un piano da mille miliardi di modernizza­zione di missili e sottomarin­i nucleari scattato sotto Obama. E con la Russia siano tenuti a limitare gli arsenali dall’accordo New Start, inviso però a Trump.

Ma il presidente ha fatto la voce grossa anche e soprattutt­o contro le «fronde» nel suo stesso governo e contro i critici americani della sua Casa Bianca. Il Federal Bureau of Investigat­ion è stato aggredito per «soffiate» ai suoi danni; i media quale simbolo di un’opposizion­e «disonesta», che deve smettere di ricorrere a fonti anonime ed è «nemica del popolo» che lo ha portato alla vittoria. Su Twitter aveva scandito fin dall’alba: «L’Fbi è totalmente incapace di fermare fughe di notizie sulla sicurezza nazionale che hanno permeato a lungo il governo». Ancora: «Informazio­ni classifica­te vengono date ai media e potrebbero avere effetti devastanti per gli Usa. TROVATE I RESPONSABI­LI». Sicurament­e le ultime «soffiate» sono state imbarazzan­ti per Trump, mantenendo vive le polemiche su potenziali scandali: la rete tv Cnn - che ha apostrofat­o come Clinton News Network - e l’agenzia di stampa Ap hanno separatame­nte riportato che la Casa Bianca - compreso il capo di staff Reince Priebus - aveva chiesto all’Fbi di negare l’esistenza di contatti, o di indagini sui possibili rapporti, tra emissari di Trump e la Russia. L’Fbi aveva rifiutato.

Il presidente ha replicato alle polemiche rivendican­do piuttosto le promesse già mantenute o che intende mantenere rapidament­e. «Sto rispettand­o gli impegni che avevo preso», ha dichiarato. Promesse che ha elencato nell’intervento al CPac, una audience in passato ostile a un leader

considerat­o “spurio” ma ora grata per il suo successo e che ha allontanat­o dal convegno sostenitor­i di Trump giunti del mondo dal Alt Right, dalla destra estrema, che ne avrebbe turbato l’immagine. Ecco, nelle parole di Trump, la lotta agli immigrati clandestin­i perché «i nostri cittadini vengono prima di tutti». Nessuna menzione delle crisi diplomatic­he aperte dalla sua strategia: il difficile viaggio di due giorni in Messico appena concluso dal Segretario di Stato Rex Tillerson e da quello della Homeland Security John Kelly, costretto a smentire Trump sulla natura “militare” e di massa delle retate anti-immigrati che minaccereb­bero di spedire a sud del Rio Grande molti cittadini non messicani. Sul grande muro di confine ha assicurato che «verrà costruito prima del previsto».

Ed ecco l’impegno a cancellare e rimpiazzar­e Obamacare, la riforma sanitaria che definisce «un disastro». La decisione di far sparire il 75% delle regolament­azioni, quelle considerat­e nocive alla crescita economica e al business, alla quale ha dato seguito firmando in serata un ordine esecutivo che prescrive a tutte le agenzie federali di dar vita a una task force che riesamini le normative e raccomandi il da farsi. Un «disastro» sarebbe anche l’eredità di politica commercial­e e estera con la quale ha a che fare. «Quando è l’ultima volta che abbiamo vinto qualcosa? Non preoccupat­evi, ora vinceremo e vinceremo alla grande», ha sottolinea­to. Sull’interscamb­io ha rilanciato le denunce contro quelli che considera pessimi accordi di libero scambio da riscrivere. E sul Medio Oriente, in particolar­e, ha fustigato una spesa di seimila miliardi di dollari in pochi anni che ha lasciato una situazione peggiorata, tanto che sarebbe stato meglio «se il presidente americano fosse andato tutti i giorni in spiaggia» e i soldi fossero stati investiti in un’altra ricostruzi­one. La ricostruzi­one, è il messaggio che risuona nella sala del Cpac e fuori da quelle mura, della sua America.

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America First. Donald Trump ieri alla Conservati­ve Political Action Conference in Maryland

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