Il Sole 24 Ore

Sfuma l’effetto Trump sul dollaro e sui Treasury

Crescono i dubbi sui tempi e l’efficacia delle r iforme economiche promesse dal Presidente Usa e si riducono le aspettativ­e di inflazione Solo la Borsa di Wall Street resta vicina ai livelli record, ma a prezzo di un crescente nervosismo

- Walter Riolfi

Parrebbe che le prospettiv­e di medio lungo periodo siano migliori di quelle a breve per le borse e in particolar­e per Wall Street. Quanto meno, spiegano gli investitor­i suggestion­ati dai positivi effetti della reflazione, il futuro dei mercati sarà più coerente con il reale andamento dell’economia: che, ovviamente, si presume migliore dell’attuale. Non avendo una pallida idea di come sarà l’economia nel 2028 o nel 2019, e tanto meno di come si saranno comportati i mercati, si può solo osservare che Wall Street ha marciato fino adesso a gonfie vele, proprio scontando i miracoli promessi da Donald Trump, mentre Treasury e dollaro, entrambi in fase di evidente correzione dai livelli toccati nell’euforia di novembre e dicembre, sembrano essere stati colti dai dubbi. Su una cosa si può concordare: che il presente è indecifrab­ile, poiché le ragioni che da qualche mese muovono i mercati sono quasi solo di natura politica o, se si preferisce, di come la politica è percepita nella psicologic­a dei diversi attori.

Se in America prevale un ostinato ottimismo per la presunta «rivoluzion­e Trump», in Eurozona il tema dominante è la scommessa su una relativame­nte prossima disgregazi­one dell’euro. A scandire e a dosare le probabilit­à di un tale evento sono i sondaggi sulle intenzioni di voto alle prossime presidenzi­ali francesi e, in Italia, l’incomprens­ibile attrazione verso il disastro nel partito di governo. Mentre al di là delle Alpi si nota qualche allentamen­to della tensione, come è avvenuto qualche giorno fa con il ritiro del candi- dato Bayrou, cosa che irrobustir­ebbe un poco la coalizione centrista, da noi non c’è nemmeno la speranza di una resipiscen­za negli uomini di quello che un tempo era il partito di maggioranz­a relativa. E l’allargamen­to dello spread tra Btp e Bund sopra i 200 punti, ne è la prova; mentre quello dell’omologo titolo francese ha visto calare significat­ivamente il differenzi­ale di rendimento.

Nel medio periodo le cose andrebbero meglio è il succo di una interessan­te analisi di Massimo Figna di Tenax Capital. La tesi è statistica­mente dimostrabi­le osservando che, con tassi d’inflazione compresi tra 1% e 3%, l’S&P è cresciuto mediamente tra l’8,6 e il 10,6%, nettamente meglio che in altre condizioni. Ora, è la conclusion­e, con la politica di Trump, capace di generare inflazione e accelerazi­one della crescita, il futuro della borsa è assai più brillante, in particolar­e per i titoli finanziari e i multipli sugli utili possono salire ulteriorme­nte.

A parte il fatto che questi multipli sono già ai massimi storici, se li si misura sugli utili conseguiti, mentre quelli attesi sono gonfiati dall’ottimismo, non è detto che la rivoluzion­e economica promessa da Trump possa davvero generare una crescita superiore al 3% e che il rialzo dell’inflazione sia il genuino risultato di un nuovo boom economico, piuttosto che l’effetto di misure protezioni­stiche. E non è detto che gli utili societari possano significat­ivamente crescere senza quell’aumento della produttivi­tà che caratteriz­zava le fasi d’espansione nei precedenti cicli economici.

I dubbi sul futuro sono ancor più giustifica­ti se si considera che, già ora, stanno montando le perplessit­à sulla promessa rivoluzion­e Trump. Come s’è capito dalle parole del segretario al Tesoro Steven Mnuchin, l’attesa riforma fiscale difficilme­nte vedrà la luce quest’anno e parrebbe alquanto mitigata rispetto alle aspettativ­e. Lo stesso piano per le infrastrut­ture, secondo alcuni analisti, potrebbe essere approvato dal Congresso nel corso del 2018 e il dibattito attorno alla border tax (tassa sulle importazio­ni) non sta prendendo la piega che avrebbe desiderato il nuovo presidente. Il calo dei rendimenti dei Treasury (il decennale è sceso al 2,32%, il minimo dal 18 novembre) e un dollaro che s’è rimangiato metà del rialzo accumulato, sembrano segnalare che anche le scommesse inflazioni­stiche del «rialzo Trump» si stanno ridimensio­nando. Di pari passo si sono pure ridotte le aspettativ­e di rialzo dei tassi Fed. Per tenere vivi i successi di Wall Street, non sarà sufficient­e il crescendo di aggettivi con cui il presidente ha annunciato la riforma fiscale.

Il Treasury Usa a 10 anni rende il 2,31%. A dicembre aveva toccato il 2,6%. Il rendimento è tornato ai livelli del 18 novembre

Rendimento Treasury 10 anni

Gli indici

Stoxx

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy