Il Deserto dei Tartari e le smentite di Axa sul Leone
Axa è il nome più gettonato quando si parla di possibili mire su Generali. In effetti l’attuale amministratore delegato del Leone, Philippe Donnet, si è fatto le ossa proprio nella compagnia transalpina. E il primo francese a salire al vertice di Generali, Antoine Bernheim, per un certo periodo era stato anche nel consiglio di sorveglianza di Axa. Forse per questo c’era da credergli quando, una decina di anni fa, aveva ammesso che c’era stato un momento in cui a Parigi avevano studiato da vicino l’ipotesi di un’aggregazione “amichevole”. Però non se ne è mai fatto nulla e intanto puntualmente, almeno una volta all’anno, arrivavano le smentite del colosso transalpino.Ultimamente però, da quando a guidare Axa c’è il tedesco Thomas Buberl, il ritmo delle smentite si è fatto più serrato: con quella di giovedì, sono quattro le prese di distanza a partire da ottobre, quando il nuovo ceo si è insediato. Da parte sua, il predecessore, Henri de Castries, stanco di sentirsi rivolgere sempre la stessa domanda, aveva risposto a un cronista: «Lo conosce il Deserto dei Tartari? È un bellissimo libro scritto da un italiano». Che finisce senza che mai sia arrivato il nemico. (A.Ol.) pUn avviso di garanzia non è un rinvio a giudizio. Così, che il vertice di Vivendi - il presidente e primo azionista Vincent Bolloré e il ceo Arnaud de Puyfontaine - sia indagato dalla Procura di Milano per l’ipotesi di concorso in aggiotaggio in relazione alla scalata Mediaset, conferma solo che i magistrati non hanno buttato nel cestino la denuncia presentata da Fininvest, ma stanno approfondendo. La media company transalpina ha tenuto però comunque a mettere i puntini sulle i. E, con uno stringato comunicato (in inglese e in francese, ma non in italiano), ha puntualizzato che l’iscrizione nel registro degli indagati del top management della società è il risultato di «un esposto infondato e “abusivo”» presentato dai «Berlusconis» contro Vivendi, dopo l’aumento della sua quota in Mediaset. Questo, sottolinea infine, «non indica in alcun modo una qualsiasi accusa contro alcuna persona».
Toni duri che fanno coppia con quelli altrettanto duri con i quali Fininvest aveva preannunciato l’esposto, davanti alla Consob, oltreché alla Procura. Era metà dicembre e Vivendi aveva già avviato il rastrellamento che poco prima di Natale l’ha portata a detenere il 28,8% del capitale del Biscione e il 29,9% dei diritti di voto. «Vincent Bolloré e Vivendi hanno mostrato quelli che