Il Sole 24 Ore

Petrolio, export Usa da primato ma l’Opec non ha perso la partita

La struttura del mercato è cambiata: ora l’accumulo di greggio non conviene più Dal Golfo del Messico all’Asia, le scorte iniziano a calare

- Sissi Bellomo @SissiBello­mo

pGli Stati Uniti hanno esportato 1,2 milioni di barili di petrolio al giorno la settimana scorsa, più dell’Algeria o dell’Azerbaijan. E le estrazioni sono tornate a 9 milioni di barili al giorno, il massimo da aprile dell’anno scorso. Messa così sembra davvero la rivincita dello shale oil nei confronti dell’Opec.

Oltre Oceano anche le trivelle continuano a moltiplica­rsi (+5 secondo le statistich­e diffuse ieri da Baker Hughes), promettend­o ulteriori aumenti di produzione e un assalto sempre più aggressivo ai mercati internazio­nali, anche in regioni tradiziona­lmente servite dall’Arabia Saudita e dalle altre potenze petrolifer­edelMedioO­riente: connoli e differenzi­ali di prezzo convenien- ti, il greggio «made in Usa» sempre più spesso fa rotta verso l’Asia.

Nonostante tutto le quotazioni del barile non stanno soffrendo: giovedì il Wti ha chiuso ai massimi da quasi due anni (54,45 $) e rimane intorno a 54 $, anche dopo la correzione di ieri. La volatilità si è molto ridotta dall’inizio dell’anno e gli hedge funds sono convintame­nte rialzisti, con un’esposizion­e netta lunga da primato. Il mercato è impazzito? Forse no. Anche se la speculazio­ne si fa spesso guidare da parametri estranei ai fondamenta­li del petrolio, alcuni analisti invitano a dare uno sguardo più approfondi­to a quanto sta succedendo ed evidenzian­o chiari segnali secondo cui l’Opec non avrebbe affatto perso la partita. Al contrario.

Tagliando la produzione di greggio , il gruppo si proponeva come primo obiettivo quello di abbassare il livello delle scorte. E queste si stanno in effetti riducendo. Persino negli Usa, dove le statistich­e mostrano tuttora giacenze da primato, gli stoccaggi più costosi hanno iniziato a svuotarsi e l’accelerazi­one dell’export di greggio dovrebbe contribuir­e all’opera (anche dal Mare del Nord peraltro le spedizioni verso l’Asia si sono impennate, oltre 10 mbg in gennaio).

Le scorte a bordo di petroliere nel Golfo del Messico, secondo monitoragg­i di ClipperDat­a, sono calate a 26 mb dai 35 mb di appena un mese fa. E il fenomeno è visibile anche in Asia: in base a dati Thomson Reuters, in febbraio 8,6 mb di greggio sono usciti dai cosiddetti stoccaggi galleggian­ti in Malaysia, insieme ad altri 4,1 mb a Singapore e a 1,2 mb in Indonesia.

Il motivo è nella struttura del mercato. Il prezzo del petrolio di cui si parla di solito, quello a pronti, in effetti si è mosso poco ultimament­e. Ma il contango – ossia il premio delle scadenze lontane dei future rispetto a quelle vicine - si è quasi cancellato, eliminando l’incentivo a stoccare barili. Il mercato sembra ormai indirizzat­o verso la situazione opposta di backwardat­ion: questa è già presente in alcuni tratti della curva. E lo spostament­o è iniziato proprio con l’annuncio dei tagli Opec.ec.

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