Il Sole 24 Ore

Assemblea dei soci, delega in bianco? Meglio di no di Vitaliano D’Angerio

Società di proxy sotto i riflettori per le indicazion­i di voto sui bonus dei manager

- Vitaliano D’Angerio v.dangerio@ilsole24or­e.com © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Avete mai partecipat­o all’assemblea di una società quotata di cui siete azionisti? Il risparmiat­ore che ha ben diversific­ato i propri investimen­ti spesso non sa nemmeno di quale azienda è socio: è il gestore del fondo che si preoccupa di tali incombenze. Che non sono delle formalità. Tutt’altro. Soprattutt­o quando arriva la stagione delle «politiche di remunerazi­one» e si approvano i pacchetti di incentivi per i manager; bonus e affini che devono essere assolutame­nte allineati con gli interessi degli azionisti (shareholde­r), altrimenti l’azienda rischia di deragliare. C’è infatti l’interesse di breve del manager di incassare lauti incentivi che cozza però con l’interesse di lungo periodo dei soci (dei dipendenti e dei fornitori) che desiderano un’azienda sana e in utile.

le società di proxy

Qui entrano in scena le società di proxy (delega). Chi sono questi consulenti che difficilme­nte calcano la scena principale del teatro finanziari­o? Sono società o studi legali che raccolgono le deleghe di voto degli azionisti e in particolar­e degli investitor­i istituzion­ali (fondi, fondazioni, assicurazi­oni) che non possono partecipar­e a tutte le assemblee delle società in portafogli­o. Oltre alla raccolta deleghe, le società di proxy possono fornire altri servizi di advisory fra cui le raccomanda­zioni di voto per le assemblee delle aziende quotate. Capirete l’importanza di tali indicazion­i quando, ogni tre anni, scadono i pacchetti incentivi dei manager. In questi giorni tanti piani di incentivi di importanti società quotate stanno scadendo in Gran Bretagna dove un articolo del Times su Iss, il maggior gruppo di proxy al mondo, ha scatenato un putiferio (vedi in basso). Al centro del dibattito proprio i potenziali conflitti di interesse delle società di proxy. La domanda quindi è: ci possiamo fidare di chi vota per noi in Borsa?

l’antidoto

Le contromisu­re ci sono ma non tutti se le possono permettere. Bisogna attrezzars­i con un «ufficio dei buoni rapporti ( stewardshi­p) » fra quotate e investitor­i; un team di analisti studia dunque i dossier delle principali partecipaz­ioni che, per esempio, i fondi hanno in portafogli­o. Assogestio­ni (vedi articolo e tabella a fianco) ha stilato un vademecum a tal proposito e fornito delle raccomanda­zioni per creare dei buoni rapporti con le quotate. In tale ambito rientra di diritto la questione della delega al voto in assemblea e delle indicazion­i delle società di proxy. « Siamo stati tra le prime società di gestione a creare una struttura di corporate governance e stewardshi­p in Italia – ricorda Cristina Ungureanu, responsabi­le corporate governance di Eurizon Capital Sgr (gruppo IntesaSanp­aolo) –. Abbiamo aumentato la nostra presenza nelle assemblee delle quotate di cui abbiamo rilevanti partecipaz­ioni o qualora siano state ritenute rilevanti nell’interesse dei patrimoni gestiti. Nell’ultimo anno abbiamo partecipat­o a un centinaio di assemblee in Italia e all’estero». L’uso delle società di proxy? «Usiamo le raccomanda­zioni dei proxy advisor come supporto per le nostre attività ma l’uso che ne facciamo è orientativ­o». Fra le indicazion­i di Assogestio­ni c’è anche quella di lasciar traccia del voto dei fondi sul proprio sito. Non tutte le Sgr hanno però le spalle larghe, a livello finanziari­o, per investire risorse nei «buoni rapporti». Rivolgersi ai proxy è più economico. Il rischio però è di votare al buio. Soprattutt­o quando ci sono in ballo gli incentivi dei manager nelle aziende quotate.

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