Assemblea dei soci, delega in bianco? Meglio di no di Vitaliano D’Angerio
Società di proxy sotto i riflettori per le indicazioni di voto sui bonus dei manager
Avete mai partecipato all’assemblea di una società quotata di cui siete azionisti? Il risparmiatore che ha ben diversificato i propri investimenti spesso non sa nemmeno di quale azienda è socio: è il gestore del fondo che si preoccupa di tali incombenze. Che non sono delle formalità. Tutt’altro. Soprattutto quando arriva la stagione delle «politiche di remunerazione» e si approvano i pacchetti di incentivi per i manager; bonus e affini che devono essere assolutamente allineati con gli interessi degli azionisti (shareholder), altrimenti l’azienda rischia di deragliare. C’è infatti l’interesse di breve del manager di incassare lauti incentivi che cozza però con l’interesse di lungo periodo dei soci (dei dipendenti e dei fornitori) che desiderano un’azienda sana e in utile.
le società di proxy
Qui entrano in scena le società di proxy (delega). Chi sono questi consulenti che difficilmente calcano la scena principale del teatro finanziario? Sono società o studi legali che raccolgono le deleghe di voto degli azionisti e in particolare degli investitori istituzionali (fondi, fondazioni, assicurazioni) che non possono partecipare a tutte le assemblee delle società in portafoglio. Oltre alla raccolta deleghe, le società di proxy possono fornire altri servizi di advisory fra cui le raccomandazioni di voto per le assemblee delle aziende quotate. Capirete l’importanza di tali indicazioni quando, ogni tre anni, scadono i pacchetti incentivi dei manager. In questi giorni tanti piani di incentivi di importanti società quotate stanno scadendo in Gran Bretagna dove un articolo del Times su Iss, il maggior gruppo di proxy al mondo, ha scatenato un putiferio (vedi in basso). Al centro del dibattito proprio i potenziali conflitti di interesse delle società di proxy. La domanda quindi è: ci possiamo fidare di chi vota per noi in Borsa?
l’antidoto
Le contromisure ci sono ma non tutti se le possono permettere. Bisogna attrezzarsi con un «ufficio dei buoni rapporti ( stewardship) » fra quotate e investitori; un team di analisti studia dunque i dossier delle principali partecipazioni che, per esempio, i fondi hanno in portafoglio. Assogestioni (vedi articolo e tabella a fianco) ha stilato un vademecum a tal proposito e fornito delle raccomandazioni per creare dei buoni rapporti con le quotate. In tale ambito rientra di diritto la questione della delega al voto in assemblea e delle indicazioni delle società di proxy. « Siamo stati tra le prime società di gestione a creare una struttura di corporate governance e stewardship in Italia – ricorda Cristina Ungureanu, responsabile corporate governance di Eurizon Capital Sgr (gruppo IntesaSanpaolo) –. Abbiamo aumentato la nostra presenza nelle assemblee delle quotate di cui abbiamo rilevanti partecipazioni o qualora siano state ritenute rilevanti nell’interesse dei patrimoni gestiti. Nell’ultimo anno abbiamo partecipato a un centinaio di assemblee in Italia e all’estero». L’uso delle società di proxy? «Usiamo le raccomandazioni dei proxy advisor come supporto per le nostre attività ma l’uso che ne facciamo è orientativo». Fra le indicazioni di Assogestioni c’è anche quella di lasciar traccia del voto dei fondi sul proprio sito. Non tutte le Sgr hanno però le spalle larghe, a livello finanziario, per investire risorse nei «buoni rapporti». Rivolgersi ai proxy è più economico. Il rischio però è di votare al buio. Soprattutto quando ci sono in ballo gli incentivi dei manager nelle aziende quotate.