Il Sole 24 Ore

L’effetto ottico del saldo struttural­e Ue

- di Fabrizio Galimberti

Le regole del Fiscal Compact prescrivon­o, per i Paesi ad alto debito, una politica costanteme­nte restrittiv­a, volta a migliorare, con costanza degna di miglior causa, il deficit di bilancio struttural­e (cioè corretto dal ciclo). Fortunatam­ente, la Commission­e Ue «predica male e razzola bene». Negli ultimi anni tale deficit è andato peggiorand­o, sia in Italia che in Germania e nell’Eurozona nel suo complesso. Questo peggiorame­nto configura un «razzolar bene»: rappresent­a una spinta del bilancio pubblico volta a rinverdire la stanca congiuntur­a.

Il «predicar male» sta nella richiesta di una manovra correttiva pari allo 0,2% del Pil: un ossicino da gettare ai mastini della Commission­e per quietarne i bollori rigoristic­i. Ma il saldo struttural­e è un costrutto teorico: questo saldo calcola le grandezze del bilancio quali emergerebb­ero in condizioni «normali», cioè se l’economia fosse, come la minestra di Riccioli d’oro, «né troppo calda né troppo fredda». Le tecniche di calcolo del Pil «normale» o «potenziale» diventano importanti. Come ricorda un recente studio dell’Ocse (« Estimates of potential output: benefits and pitfalls from a policy perspectiv­e », di JeanPhilip­pe Cotis, Jørgen Elmeskov, Annabelle Mourougane - Oecd Economics Department) si possono prendere decisioni sbagliate se le stime del Pil potenziale si rivelano errate.

La tabella mostra di quanto variano le stime del saldo struttural­e (totale e primario) usando le diverse procedure adottate dalla Ue, dall’Ocse e dal Fondo monetario. Impression­ante è la differenza fra le stime dell’avanzo primario struttural­e in Italia e in Germania. Come si vede, il saldo struttural­e «è nell’occhio di chi guarda».

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