L’effetto ottico del saldo strutturale Ue
Le regole del Fiscal Compact prescrivono, per i Paesi ad alto debito, una politica costantemente restrittiva, volta a migliorare, con costanza degna di miglior causa, il deficit di bilancio strutturale (cioè corretto dal ciclo). Fortunatamente, la Commissione Ue «predica male e razzola bene». Negli ultimi anni tale deficit è andato peggiorando, sia in Italia che in Germania e nell’Eurozona nel suo complesso. Questo peggioramento configura un «razzolar bene»: rappresenta una spinta del bilancio pubblico volta a rinverdire la stanca congiuntura.
Il «predicar male» sta nella richiesta di una manovra correttiva pari allo 0,2% del Pil: un ossicino da gettare ai mastini della Commissione per quietarne i bollori rigoristici. Ma il saldo strutturale è un costrutto teorico: questo saldo calcola le grandezze del bilancio quali emergerebbero in condizioni «normali», cioè se l’economia fosse, come la minestra di Riccioli d’oro, «né troppo calda né troppo fredda». Le tecniche di calcolo del Pil «normale» o «potenziale» diventano importanti. Come ricorda un recente studio dell’Ocse (« Estimates of potential output: benefits and pitfalls from a policy perspective », di JeanPhilippe Cotis, Jørgen Elmeskov, Annabelle Mourougane - Oecd Economics Department) si possono prendere decisioni sbagliate se le stime del Pil potenziale si rivelano errate.
La tabella mostra di quanto variano le stime del saldo strutturale (totale e primario) usando le diverse procedure adottate dalla Ue, dall’Ocse e dal Fondo monetario. Impressionante è la differenza fra le stime dell’avanzo primario strutturale in Italia e in Germania. Come si vede, il saldo strutturale «è nell’occhio di chi guarda».