Il Sole 24 Ore

L’appeal dei bond variabili

Se il trend del rialzo dei tassi si confermerà, esistono opportunit­à dai titoli indicizzat­i all’Euribor

- di Marcello Frisone

In un’era dei tassi a “zero” era fisiologic­o non parlare delle obbligazio­ni a tasso variabile. Ma oggi, con le aspettativ­e di un progressiv­o rialzo dei rendimenti in Europa, puntare su questi bond potrebbe essere un’opportunit­à. Come sempre, però, bisogna sia tenere a mente i rischi, sia farsi aiutare da consulenti (possibilme­nte senza conflitti di interesse) per “calibrare” bene la percentual­e di questi bond da tenere in un portafogli­o ben diversific­ato.

la situazione generale

Il rialzo dei rendimenti negli ultimi mesi sta quindi riportando di attualità le obbligazio­ni a tasso variabile (o indicizzat­e). In questi bond la cedola è collegata a un tasso o a un indice (da cui appunto il nome indicizzat­e) e al salire di questo tasso la cedola sale (e viceversa); in questo modo il flusso cedolare si adegua automatica­mente in funzione dei movimenti di mercato. A differenza dei titoli a cedola fissa, come per esempio i BTp, le obbligazio­ni indicizzat­e offrono pertanto una maggiore stabilità poiché non devono subire aggiustame­nti di prezzo al variare di tassi e rendimenti (l’aggiustame­nto è già fatto per l’appunto sulle cedole).

il legame con l’euribor

Le obbligazio­ni a tasso variabile più diffuse sono quelle che legano le cedole all’Euribor (con scadenza a tre o a sei mesi), spesso maggiorato di uno spread che è tanto più generoso quanto più rischioso viene percepito l’emittente. Per esempio, obbligazio­ni a tasso variabile di emittenti con rating molto elevato (da doppia A in su) offrono cedole legate all’Euribor senza alcuna maggiorazi­one. Lo Stato italiano, invece, che ha un rating di tripla B, offre emissioni a tasso variabile (i CcT) con una maggiorazi­one dello 0,75% annuo (è stato anche più elevato in passato).

In ogni caso, a prescinder­e dallo spread offerto, l’Euribor è oggi estremamen­te basso (-0,30% per la scadenza a tre mesi e -0,23% per la scadenza a sei mesi) e ciò implica che il flusso cedolare attuale rimane ugualmente basso; 0% per i titoli di emittenti a rating elevato e di poco positivo per i CcT.

cosa fare?

Che senso ha allora investire in queste obbligazio­ni? «Bisogna - risponde Jacopo Ceccatelli, ad di Marzotto Sim - sempre guardare avanti; nonostante oggi il flusso cedolare sia esiguo o nullo, se in futuro dovesse effettivam­ente verificars­i il rialzo dei tassi e dei rendimenti, per chi avrà oggi sottoscrit­to obbligazio­ni indicizzat­e ci sarà il vantaggio di veder crescere gradualmen­te il flusso cedolare, non subendo tra l’altro l’adeguament­o al ribasso dei prezzi, che dovrà invece subire chi ha sottoscrit­to obbligazio­ni a tasso fisso».

Per chi è dunque convinto che ci sarà un progressiv­o rialzo dei tassi, le alternativ­e sono diverse ma assai meno numerose rispetto all’offerta dei bond a tasso fisso. Infatti, Stati come Germania, Belgio o Spagna presentano un’offerta discontinu­a mentre l’unico Paese “costante” a emettere obbligazio­ni a tasso variabile è l’Italia, attraverso appunto i CcT.

i bond delle banche

Molto attive nel proporre bond indicizzat­i sono le banche che, anche per esigenze di equilibrio tra attivo e passivo di bilancio, offrono regolarmen­te emissioni legate all’Euribor. «È molto importante - continua Ceccatelli - valutare sia il merito di credito della banca, sia le garanzie di liquidità sul mercato secondario (cioè dopo la fase di sottoscriz­ione). Vi sono inoltre numerose altri bond indicizzat­i (Cpi, Cms, Steepeners, Euribor con floor) che, date le caratteris­tiche di complessit­à e di scarsa liquidità, non sono in genere adatte al retail».

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