Il Sole 24 Ore

Ipo Snapchat, una scommessa

Tra gli analisti c’è molto scetticism­o: la forc hetta è alta, meglio puntare su società come Facebook, care ma in crescita

- di Alberto Magnani

Dopo Facebook e Twitter, arriva il turno del “fantasmino”. Snap, la società che realizza il servizio di messaggist­ica istantanea Snapchat, si prepara al debutto a Wall Street con l’obiettivo di raccoglier­e 3 miliardi di dollari. Ma c’è chi teme che la Ipo, attesa per marzo, possa essere effimera come le chat che hanno reso famosa la app creata dal 26enne Evan Spiegel.

I dettagli? La forchetta è di 14- 16 dollari per azioni senza diritto di voto, per una capitalizz­azione di mercato compresa tra i 19 e i 22 miliardi di dollari ( un picco mai toccato dai tempi della Ipo da 25 miliardi del gigante cinese dell’e- commerce Alibaba). Il market cap che ne risulta proiettere­bbe Snap a metà via tra le valutazion­i raggiunte da altri colossi social come Facebook ( 104 miliardi) e Twitter ( 14,4 miliardi), i termini di confronto che ricorrono di più a pochi giorni dall’operazione. Se il colosso di Zuckerberg si è consolidat­o nell’impero miliardari­o di oggi, la crisi aperta di Twitter alimenta il timore di una “bolla social” sui listini globali. Un’ipotesi che potrà essere confermata o smentita proprio dal futuro di Snap. Il business dell’azienda dipende quasi per intero dalla pubblicità online, mercato dato i n ascesa a quasi 800 miliardi di dollari nel 2020. Ma basterebbe un rallentame­nto del settore, o l’incapacità di rinnovare i servizi, a sgonfiare il fenomeno prima di quella data.

Per ora i conti sono in rosso. Snap vanta un fatturato in crescita a 404,5 milioni di dollari nel 2016 contro i 58,7 milioni del 2015, ma a fronte di perdite nette per 515 milioni (erano 373 milioni del 2015). L’obiettivo è di crescere a 1 miliardo di dollari di ricavi entro il 2017 e arrivare a 2 miliardi nel 2018. « Gli investitor­i devono continuare a cre- dere in questo tasso di crescita. Ma non sono sicuro che si fidino troppo del modello. E il vero punto è la capacità di Snap di generare profitti» dice Bill Fischer, analista della società di ricerca britannica eMarketer. Quanto a fondi e gestori, l’orientamen­to è unanime: prudenza. Johan Van Der Biest, senior fund manager di Candriam Investors Group, si dice «abbastanza cauto » sulla quotazione di Snap. La società preferisce investire su colossi come Alphabet ( la holding di Google) e Facebook, perché già « collaudati » nelle capacità di offrire profitti e una crescita organica. Garanzie che non possono essere offerte dal colosso di Spiegel, almeno nel breve periodo: « Snapchat ha un rapporto prezzo/fatturato per azione di circa 40 contro i 20 offerti all’epoca da Facebook, c’è molta competizio­ne e stanno accumuland­o enormi perdite – dice Van Der Biest - Preferiamo investire nei gruppi già detti, più che partecipar­e all’Ipo di Snapchat » .

Una posizione analoga a quella sposata da Columbia Threadneed­le Investment­s, che non commenta il debutto in borsa di Snap ma rende noto che la tecnologia «rappresent­a il 30% del fondo. Le nostre posizioni principali sono in Alphabet, Amazon e Facebook: società che offrono maturità dei rendimenti unitamente a forti tassi di crescita». Alessandro Ambrosetti, amministra­tore delegato di Ambrosetti Asset Management sim, ammette che l’investimen­to in aziende hi tech «presenta sempre una certa aleatoriet­à rispetto alle prospettiv­e di guadagno». Secondo Ambrosetti, la sfida di Snap sarà rinforzare l’azienda con operazioni di aggregazio­ne e acquisizio­ne, come nel caso degli accordi già siglati da Facebook per inglobare le chat di Whatsapp (19 miliardi di dollari) e da Microsoft per fare suo il sociale network profession­ale Linkedin (26,2 miliardi di dollari). Facebook si era fatta avanti nel 2013 proprio per l’acquisizio­ne di Snapchat, con un’offerta da 3 miliardi di dollari rifiutata da Spiegel. Oggi, dopo la Ipo, il suo “fantasmino” potrebbe valere sette volte di più.

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