Torna l’avversione al rischio
Le tensioni politiche in Europa spingono i titoli tedeschi, l’oro va al rialzo
La paura che serpeggia sui mercati finanziari si legge nel rendimento del titolo di Stato tedesco a due anni, che gli acquisti hanno schiacciato al record negativo di rendimento, oltre il -0,9% (più aumenta il prezzo del titolo, e più si assottiglia il ritorno alla scadenza). Che significa, in pratica, che chi lo compra accetta di pagare un premio, anziché riceverlo, per il denaro prestato. La manovra si spiega con la necessità degli investitori istituzionali, per esempio fondi hedge e di investimento in generale, di tenere in portafoglio attività rischiose europee (azioni o obbligazioni di emittenti meno affidabili), ma allo stesso tempo di controbilanciare l’esposizione con la carta sicura dell’Unione Europea, che risulta solo quella della Germania. Infatti, mentre tutti si concentrano sulle emissioni obbligazionarie di Berlino, il club dei Paesi periferici si allarga, e include anche la Francia: i problemi d’Oltralpe, più che di natura economica, sono politici e la tensione monta ogni giorno in vista delle elezioni di aprile, che potrebbero far largo al partito anti-europeista di Marine Le Pen. Lo spread, cioè il differenziale di rendimento tra gli Oat francesi e il Bund tedesco, è aumentato ai massimi da cinque anni, intorno allo 0,7%, mentre quello del Btp italiano è di nuovo al 2%, sebbene il tasso di interesse si sia mantenuto sui livelli recenti. Le azioni di Piazza Affari, invece, hanno chiuso la settimana (fino a giovedì, giorno di chiusura di Plus 24), in calo dell’1%, zavorrate dal settore bancario su cui si concentrano le preoccupazioni e che ha perso il 3,5% rispetto al venerdì precedente (e un ulteriore 8% da gennaio, che si somma al -40% delle quotazioni nel 2016).
Anche l’oro ha beneficiato della ricerca ai porti sicuri e il prezzo ha raggiunto i 1.250 dollari l’oncia, una soglia abbandonata a novembre. I flussi di capitale sono confluiti pure sui Treasury americani, che nonostante i timori per il programma inflazionistico di Trump, hanno ridimensionato i rendimenti sotto i livelli di inizio anno (a meno di 1,2% per il biennale a del 2,4% per il decennale). Ma è sempre Wall Street a godere della fiducia maggiore, a dispetto dei prezzi tirati, e si arrampica sui picchi: gli indici S&P 500 e Dow Jones Industrial sono a +5% da gennaio e il Nasdaq è a +8 per cento.