Le contromisure Ue per arginare la delega
Codice di autodisciplina e una direttiva europea per contenere il fenomeno
Quanto è informato il consigliere? E quanto è indipendente? Sono queste le principali questioni che si pongono a proposito dei proxy advisor.
In un documento del 2013, Tao Li del Dipartimento economico della Columbia University mostrava come la crescita delle quote di mercato di un secondo player sulla piazza americana, ovvero Glass Lewis rispetto a Iss, avesse cambiato notevolmente le indicazioni di quest’ultimo, aumentando i voti contrari e le astensioni rispetto a quanto avvenisse in precedenza quando la situazione era configurabile come un monopolio. E segnalava la situazione di conflitto di interessi nel fatto che queste imprese spesso forniscono servizi agli emittenti e consigli agli investitori. Come avrebbe detto Cyrano di Rostand: con una mano accarezzano la capra e con l’altra innaffiano il cavolo.
L’attenzione dell’Esma (la Consob europea) sul fenomeno è cominciata dal 2011, quando è stata avviata una ricognizione del fenomeno. Dopo alcune ipotesi di regolamentazione del settore per via normativa, è prevalsa la strada del codice di autodisciplina. Sulla cui efficacia a fine 2015 la stessa authority europea ha pubblicato un altro documento per fare il punto della situazione e dare indicazioni per il futuro. La stessa parabola è stata seguita dalla direttiva europea sui diritti degli azionisti (si veda l’intervista a pag. 7) che era partita dall’idea di una regolamentazione per via normativa, approdando alla fine all’idea di imporre ai proxy l’obbligo di aderire a un codice di comportamento. E di seguire la via, che vale anche per le società emittenti, del comply or explain: ovvero se non si aderisce a uno o più dei principi del codice, occorre spiegare per quale motivo ciò non sia stato fatto.
Quanto alla situazione italiana, la Consob ha pubblicato nel 2015 un quaderno di finanza relativo all’impatto delle indicazioni dei proxy sulle decisioni in assemblea. I risultati dello studio (condotto in collaborazione con l’Uni- versità Cattolica) indicavano che «il voto degli investitori istituzionali sulle politiche di remunerazione è fortemente correlato con le raccomandazioni dei proxy advisor ». Tuttavia, la «conformità» cresceva quanto minore era il coinvolgimento dell’investitore nella società per la quale si votava; in pratica gli investitori con partecipazioni più rilevanti tendono ad avere un giudizio proprio e un confronto più libero con le indicazioni dei proxy. Ma lo studio dava un’indicazione che mostra comunque la rilevanza del fenomeno per il nostro Paese. «Stime preliminari mostrano che in Italia l’effetto delle raccomandazioni dei proxy sul voto degli investitori istituzionali è altrettanto forte, se non più forte, di quello osservato negli Usa».