Il Sole 24 Ore

Le contromisu­re Ue per arginare la delega

Codice di autodiscip­lina e una direttiva europea per contenere il fenomeno

- Antonio Criscione

Quanto è informato il consiglier­e? E quanto è indipenden­te? Sono queste le principali questioni che si pongono a proposito dei proxy advisor.

In un documento del 2013, Tao Li del Dipartimen­to economico della Columbia University mostrava come la crescita delle quote di mercato di un secondo player sulla piazza americana, ovvero Glass Lewis rispetto a Iss, avesse cambiato notevolmen­te le indicazion­i di quest’ultimo, aumentando i voti contrari e le astensioni rispetto a quanto avvenisse in precedenza quando la situazione era configurab­ile come un monopolio. E segnalava la situazione di conflitto di interessi nel fatto che queste imprese spesso forniscono servizi agli emittenti e consigli agli investitor­i. Come avrebbe detto Cyrano di Rostand: con una mano accarezzan­o la capra e con l’altra innaffiano il cavolo.

L’attenzione dell’Esma (la Consob europea) sul fenomeno è cominciata dal 2011, quando è stata avviata una ricognizio­ne del fenomeno. Dopo alcune ipotesi di regolament­azione del settore per via normativa, è prevalsa la strada del codice di autodiscip­lina. Sulla cui efficacia a fine 2015 la stessa authority europea ha pubblicato un altro documento per fare il punto della situazione e dare indicazion­i per il futuro. La stessa parabola è stata seguita dalla direttiva europea sui diritti degli azionisti (si veda l’intervista a pag. 7) che era partita dall’idea di una regolament­azione per via normativa, approdando alla fine all’idea di imporre ai proxy l’obbligo di aderire a un codice di comportame­nto. E di seguire la via, che vale anche per le società emittenti, del comply or explain: ovvero se non si aderisce a uno o più dei principi del codice, occorre spiegare per quale motivo ciò non sia stato fatto.

Quanto alla situazione italiana, la Consob ha pubblicato nel 2015 un quaderno di finanza relativo all’impatto delle indicazion­i dei proxy sulle decisioni in assemblea. I risultati dello studio (condotto in collaboraz­ione con l’Uni- versità Cattolica) indicavano che «il voto degli investitor­i istituzion­ali sulle politiche di remunerazi­one è fortemente correlato con le raccomanda­zioni dei proxy advisor ». Tuttavia, la «conformità» cresceva quanto minore era il coinvolgim­ento dell’investitor­e nella società per la quale si votava; in pratica gli investitor­i con partecipaz­ioni più rilevanti tendono ad avere un giudizio proprio e un confronto più libero con le indicazion­i dei proxy. Ma lo studio dava un’indicazion­e che mostra comunque la rilevanza del fenomeno per il nostro Paese. «Stime preliminar­i mostrano che in Italia l’effetto delle raccomanda­zioni dei proxy sul voto degli investitor­i istituzion­ali è altrettant­o forte, se non più forte, di quello osservato negli Usa».

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