Il Sole 24 Ore

Calchi nascosti del profilo di rischio

- Marco lo Conte

Si fa presto a dire “alta attitudine al rischio = alto rischio di portafogli­o”. La correlazio­ne delle scelte finanziari­e con il proprio Dna di risparmiat­ore sono condiziona­te da molti rumori di fondo, da indagare con cura. Per questo il fondo pensione Previndai ha commission­ato un’indagine conoscitiv­a alla professore­ssa Barbara Alemanni dell’Università di Genova ed esperta di finanza comportame­ntale. Il campione è di particolar­e interesse: a Previndai, infatti, sono iscritti i dirigenti d’azienda, soggetti cioè in prima linea nelle aziende sul fronte dei ricavi, dei bassi costi e del monitoragg­io costante degli elementi di rischio. Interessa notare quanto di questa attitudine profession­ale diventi parte dell’individual­ità dei dirigenti e si traduca in atteggiame­nti e scelte conseguent­i. L’indagine ha analizzato i dirigenti sotto cinque linee guida: comfort con il rischio, scelte di investimen­to, conoscenza del rischio, avversione al rammarico e avversione alle perdite. Non stupisce rilevare come persone con un buon comfort nei confronti del rischio, sperimenti­no investimen­ti mediamente rischiosi e davanti alle situazioni incerte e non ottimali presentino una bassa avversione al rammarico. Per i due terzi dei rispondent­i questa inclinazio­ne non costituisc­e una fonte di “fragilità decisional­e”: poichè psicologic­amente disposti a sopportare bene situazioni dall'evoluzione non auspicata e prevista. Maggior interesse viene invece dalla bassa correlazio­ne tra l’avversione alle perdite e le altre dimensioni della risk attitude, addirittur­a leggerment­e negativa con la conoscenza del rischio finanziari­o. Chi è preparato in materia finanziari­a, in altre parole, non è per forza maggiormen­te disponibil­e a sostenere perdite. «Ciò suggerisce che si tratti di una dimensione comportame­ntale - dice Alemanni - indipenden­te dalla tolleranza alla variabilit­à misurata attraverso le altre 4 dimensioni». Cosa spezza questa correlazio­ne? Secondo la ricerca pesa per i dirigenti meno giovani la “maleducazi­one” al rischio prodotto dagli alti rendimenti dei titoli risk free degli anni 80. Un calco che resta in memoria e che si somma a un altro, struttural­e per i dirigenti: l’attitudine a coprirsi dal rischio profession­ale nelle scelte finanziari­e personali.

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