Sud, il governo tratta con la Ue sulle zone economiche speciali
Il progetto potrebbe confluire nel piano nazionale riforme
pUn segnale forte per l’economia meridionale. Da dare subito, se possibile anticipandone la cornice già con il Pnr (Programma nazionale di riforme) di aprile. Questa tentazione del governo, al lavoro sul progetto «Zone economiche speciali», si sta scontrando in queste settimane con complessità tecniche e regolamentari da chiarire con la Commissione europea. Fonti di Bruxelles sottolineano che al momento alla Direzione generale Concorrenza non è stato ancora notificato uno schema di intervento, ma il progetto sarebbe allo studio. Funzionari dell’Agenzia per la coesione ne stanno valutando le caratteristiche e, in linea con indicazioni già pervenute da alcune Regioni, ci sarebbe già una prima lista di ipotesi: Gioia Tauro, le aree retroportuali di Napoli e Salerno, Bagnoli, Taranto, Matera per lanciarla come capitale europea della cultura del 2019.
Ciò che appare chiara è la rinnovata attenzione politica al tema Mezzogiorno, ridestata dal peso decisivo che alcune regioni hanno avuto nell’esito del referendum costituzionale dello scorso dicembre e che potranno avere al rinnovo della legislatura.
Le zone economiche speciali (Zes) sarebbero una versione rafforzata delle vecchie zone franche urbane, potrebbero offrire agli investitori un mix di vantaggi fiscali, creditizi e doga- nali. Ma non sono un obiettivo facile da portare a casa. È vero che sono già presenti in 10 dei 12 Stati europei che presentano zone svantaggiate all’interno del proprio territorio ma in alcuni casi sono state istituite prima dell’ingresso nella Ue o comunque dopo un filtro di ammissibilità molto severo. La Polonia è uno degli esempi più spesso citati, con 14 Zes, per le quale durante i negoziati di ingresso nell’Unione furono fissati periodi transitori e soglie in materia di aiuto pubblico. Con le dovute eccezioni, le Zes - circa 2.700 quelle presenti a livello mondiali, una settantina in Europa - sono considerate uno strumento di successo nell’attrazione degli investimenti. Il governo si starebbe confrontando con la Commissione per definire i criteri con cui attivare le eventuali aree. Le regioni ammissibili sarebbero Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. L’idea di una Zona per l’area Expo, prevista come proposta dal Patto per Milano, risponde a logiche di sviluppo diverse e richiederebbe probabilmente un percorso e una deroga a parte.
Le difficoltà tecniche potrebbero concretizzarsi in riferimento a termini e massimali degli aiuti a finalità regionale. Va ricordato, per inciso, che l’Italia ha recentemente ottenuto il via libera a un significativo potenziamento del credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nelle regioni meridionali. Intervenen-