Il Sole 24 Ore

Giustizia: processi più rapidi nel civile Il penale arranca

In un caso arretrato in calo del 20% in tre anni mentre nell’altro le pendenze restano stabili

- Cherchi, Maglione e Mazzei

Il processo civile diventa più efficiente. Negli ultimi anni, infatti, è riuscito ad aggredire lo stock dell’arretrato, che a fine dicembre 2016 era stato ridotto mediamente del 20 per cento. Non così nella giustizia penale, che solo in primo grado riesce a incidere sulle pendenze di un modesto 5,6%, mentre in appello le vecchie cause crescono. L’anno scorso sono stati soprattutt­o i tribunali del Sud a far marcare le migliori perfomance nella lotta all’arretrato: loro le prime tre posizioni, con Avezzano in testa. E una ricerca del direttore del dipartimen­to di statistica del ministero della Giustizia evidenzia come l’efficienza si raggiunge anche negli uffici con forti scoperture di personale.

Il fronte civile guadagna efficienza, ma quello penale continua a soffrire. Segno che la cura somministr­ata negli ultimi anni alla macchina giudiziari­a ha funzionato a metà. È quanto emerge mettendo a confronto i dati relativi all’anno scorso raccolti nei tribunali e nelle corti d’appello dal ministero della Giustizia.

Il migliorame­nto della giustizia civile si legge nel calo dell’arretrato: -20% circa in tre anni. I procedimen­ti in corso nei 140 tribunali sono infatti scesi del 19,3%, passando da 2,1 milioni a fine 2013 a 1,7 milioni l’anno scorso; mentre nelle corti d’appello, nello stesso periodo, lo stock delle cause pendenti è calato del 21,5%, da 398mila a 313mila circa. I dati sulla giustizia penale (stimati sulla base di quelli inviati da un campione di uffici e del trend storico) fotografan­o invece un arretrato sostanzial­mente stabile: i procedimen­ti in corso nei tribunali erano 1,31 milioni a fine 2013 e 1,24 milioni al 30 settembre del 2016, mentre nelle corti d’appello lo stock è passato da 266mila a 268mila cause.

Una differenza di risultati confermata anche dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Nel discorso pronunciat­o in Cassazione lo scorso 26 gennaio, in occasione dell’inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o, il ministro ha infatti riconosciu­to che il decremento dell’arretrato è stato «meno marcato» nel settore penale rispetto a quello civile.

Del resto, per intaccare l’arretrato i magistrati devono chiudere ogni anno un numero di procedimen­ti superiore rispetto ai fascicoli in arrivo. In pratica, il clearance rate, cioè il rapporto tra liti definite e sopravvenu­te, deve essere superiore a uno. Mentre ciò è accaduto negli ultimi anni in campo civile, così non è stato nel penale: solo lo scorso anno i procedimen­ti conclusi nei tribunali hanno superato (di poco) quelli sopravvenu­ti.

Una spiegazion­e delle performanc­e poco brillanti della giustizia penale l’ha offerta lo stesso Orlando. Nel suo discorso in Cassazione ha spiegato che l’effetto deflattivo dei provvedime­nti adottati finora dal Governo - come l’introduzio­ne della particolar­e tenuità del fatto, la depenalizz­azione di alcuni reati e la messa alla prova - va sostenuto con «ulteriori misure sulla durata dei procedimen­ti». «Alcune - ha chiarito - si trovano nel disegno di legge di riforma penale», approvato nei giorni scorsi dal Senato e che ora ritorna alla Camera.

Più netto il presidente dell’Anm, Piercamill­o Davigo, per il quale la giustizia penale è in affanno proprio a causa della maggiore attenzione dedicata al civile: «Se si spostano risorse da una parte all’altra - ragiona - è evidente che la situazione migliora nell’ambito che ha beneficiat­o del trasferime­nto e peggiora nell’altro. La coperta è corta e se la tiri da una parte è inevitabil­e scoprire l’altra».

Per Andrea Mascherin, presidente del Consiglio nazionale forense, le migliori performanc­e del civile vanno, invece, ricercate nelle misure alternativ­e al processo - «mediazione, negoziazio­ne assistita e camere arbitrali sono interventi in cui crediamo e che hanno prodotto risultati» - e nel processo telematico, che ha «creato più equilibrio tra cause in entrata e in uscita». «Invece, nel processo penale - afferma Mascherin - non bisogna per forza andar dietro a criteri di efficienti­smo. È come un’operazione al cuore: non si deve correre. Tuttavia, occorre valutare alcune misure, come il tema delicato dell’obbligator­ietà dell’azione penale, la depenalizz­azione e il ripensamen­to del principio dell’offensivit­à del reato».

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