Il Sole 24 Ore

La lunga attesa per le domande

- di Davide Colombo

La partita per l’attuazione del “pacchetto pensioni” 2017 è entrata in zona Cesarini e, a questo punto, è bene che chi ha la palla provi almeno a metterla direttamen­te in rete.

Perché altrimenti l’obiettivo del debutto dell’Ape il 1° maggio diventerà un miraggio, mentre avanzerann­o come treni altre misure assai meno innovative ma di sicuro appeal come l’ottava salvaguard­ia o l’aumento delle 14esime.

Questa settimana i tecnici di palazzo Chigi e del ministero del Lavoro impegnati nel complesso dossier vedranno i sindacati in due momenti. Il primo è oggi per un confronto sui testi quasi definitivi dei decreti del presidente del Consiglio (Dpcm) con le regole operative per l’Ape volontaria e aziendale, l’Ape sociale e i nuovi requisiti per l’anticipo pensionist­ico dei lavoratori precoci. Si tratta di testi condivisi con il ministero dell’Economia e che, una volta chiusi, dovranno superare il vaglio del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. Dunque, nel migliore dei casi, potrebbero arrivare in Gazzetta Ufficiale entro la seconda metà di aprile, a un passo dalla scadenza prevista per il via alle domande di Anticipo finanziari­o a garanzia pensionist­ica (l’Ape volontaria, appunto) oppure per l’indennità fino alla maturazion­e dei requisiti pensionist­ici per i disoccupat­i senior o i lavoratori in condizioni di difficoltà (l’Ape sociale).

L’altro appuntamen­to con i sindacati è giovedì 23 marzo, quando si dovrebbe parlare di governance Inps e “fase 2”, ovvero delle misure fissate nel verbale d’intesa dell’autunno scorso tra cui spicca l’ipotesi di una pensione contributi­va di garanzia per fasce di reddito e anni di contribuzi­one, a carico della fiscalità generale, collegata a un eventuale taglio del cuneo agendo sui contributi previdenzi­ali. Ora è chiaro che se la “fase 1” partisse in ritardo o con qualche défaillanc­e parlare di “fase 2” diventereb­be quanto meno inopportun­o.

Le incognite da superare sono ancora notevoli e la prima di tutte sta nel costo del rimborso ventennale dell’Ape volontaria. Una volta chiuso il Dpcm bisogna fare le convenzion­i con Abi e Ania, nelle quali dovranno essere fissate le condizioni finanziari­e dell’anticipo, e la convenzion­e Inps–Mef sul Fondo di garanzia da 70 milioni sugli eventuali mancati rimborsi degli “apisti” diventati pensionati. L’obiettivo dichiarato è di fare queste intese senza utilizzare i trenta giorni previsti dopo il varo del Dpcm. Anche perché, nel frattempo, le condizioni di mercato sono cambiate: il rendimento del Btp a 10 anni è salito di quasi trenta punti negli ultimi quattro mesi e in questo contesto rispettare l’obiettivo di un Tan al 2,5% contenuto nelle slides di ottobre del vecchio Governo diventa più sfidante, soprattutt­o se saranno un certo numero del banche che aderiranno all’operazione.

Partire bene con l’Ape sociale, che non prevede costi di rimborso per i beneficiar­i, è invece importante per un’altra ragione: le risorse messe in campo sul 2017 sono 300 milioni ed è previsto un meccanismo di monitoragg­io e chiusura delle domande all’esauriment­o della loro copertura finanziari­a. Il Dpcm definirà come tradurre in pratica questo meccanismo a rubinetto e dunque il giorno di avvio non è secondario.

Per la riduzione a 41 anni del requisito di anzianità contributi­va o l’eliminazio­ne della penalizzaz­ione sui pensioname­nti prima dei 62 anni per i precoci (lavoratori che hanno almeno 12 mesi di versamenti effettuati prima dei 19 anni) non dovrebbero esserci problemi applicativ­i: sono norme finanziate con 360 milioni il primo anno e dovrebbero dischiuder­e la via per la pensione fino a 25mila lavoratori. Mentre per la nuova semplifica­zione sull’uscita anticipata degli usuranti già si sa che scatterà l’anno prossimo (quest’anno vale solo la cancellazi­one delle “finestre mobili “e del meccanismo di adeguament­o automatico legato alla speranza di vita), e si sa pure che una qualche difficoltà applicativ­a si sta incontrand­o sul cumulo gratuito esteso alle Casse privatizza­te.

Come tanti interventi previdenzi­ali degli ultimi anni ci hanno insegnato, la fase di implementa­zione è sempre più complessa di quella legislativ­a. Il successo o l’insuccesso di una misura si gioca qui (vedi il Tfr in busta paga o il part time agevolato). Per questo rispettare un cronoprogr­amma rigoroso diventa indispensa­bile. Anche per non sfidare la malasorte che, in questi ambiti di policy, è sempre in agguato.

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