Il Sole 24 Ore

L’Unione vincente del diritto

- Di Paolo Pasqualis

Credo proprio che qualcuno debba avere il coraggio di dirlo, meglio se in questi tempi di critiche feroci: l’Europa del diritto è stata ed è un successo. Ci ha portato regole a difesa dei consumator­i, dell’ambiente e della sicurezza alimentare, ha introdotto una diffusa disciplina della concorrenz­a, creato norme omogenee per le imprese e le società dei diversi Paesi membri e per il riconoscim­ento delle sentenze dei giudici e il recupero dei crediti da uno Stato all’altro, ha favorito il riconoscim­ento dei titoli di studio e di quelli profession­ali e la mobilità lavorativa, ha tutelato i rapporti di famiglia, le convivenze, la protezione dei minori e le succession­i familiari.

Se ne sono accorti anche gli inglesi in uscita, dato che il primo punto del programma della Brexit di Theresa May prevede proprio il mantenimen­to, con apposite modifiche della legislazio­ne del Regno Unito, di quanto vi è stato introdotto in questi anni dalla legislazio­ne europea.

Non dimentichi­amo, poi, che noi cittadini della Ue abbiamo a disposi- zione una Corte di giustizia che può essere considerat­a la più importante del mondo: una giurisdizi­one che si estende a più di 500 milioni di abitanti; 28 ( per ora) Stati sovrani che vi sono sottoposti; culture giuridiche differenti tra loro, common law, diritto continenta­le, sistemi nordici; l’effettivit­à dell’esecuzione delle decisioni assunte, sia nei confronti dei privati che degli Stati. Tutto questo non ha paragone nel mondo intero e dovremmo essere felici di essere inseriti in un tale sistema di giustizia, che più di una volta ha rimediato alle disfunzion­i dei sistemi di giustizia nazionali.

Così come sta già pensando di fare il Regno Unito, qualunque Paese che voglia lasciare la Ue dovrà farsi carico di verificare quanto gli può costare l’ab- bandono di tante – utili – regole comuni.

Anche se la Ue smettesse di esistere domani, l’Europa dei cittadini e delle imprese continuerà a vivere. I tedeschi vorranno ancora acquistare casa in Spagna e in Italia e gli italiani a Parigi; si formeranno nuove coppie di persone provenient­i da diversi Paesi, diventeran­no proprietar­i di beni, li vorranno donare e scambiare, e si apriranno – inevitabil­mente – le loro succession­i; le imprese continuera­nno a voler operare nel grande mercato unico che hanno ormai imparato a utilizzare. Tutto questo avrà ancora bisogno di un sistema coerente di norme, meglio se uguali per tutti.

Non si deve sottovalut­are, poi, l’influenza culturale unificante che nasce dall’applicazio­ne di un diritto comune. Accettando e imparando a rispettare le medesime regole si impara anche a convivere e a intendersi meglio. E tutto questo può acquistare un importante valo- re economico: muoversi in un ambito normativo conosciuto e “di fiducia” fa risparmiar­e in consulenze ed evita ritardi e incertezze.

Ci sono, naturalmen­te, ancora molte cose da fare, tra le più interessan­ti l’armonizzaz­ione della fiscalità, settore nel quale tutti gli Stati mai come ora sentono il bisogno di custodire gelosament­e le proprie entrate.Il suggerimen­to potrebbe essere quello di iniziare con ambizioni limitate, magari in un campo nel quale è più facile trasmetter­e l’idea dell’opportunit­à di una tassazione uniforme, come nel caso delle succession­i, sulle quali oggi ricadono imposte molto diverse a seconda dello Stato nel quale si trovano i beni ereditari, in contraddiz­ione con il principio che vuole favorire la libertà di stabilimen­to dei cittadini europei nell’intero territorio della Ue.

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