L’Unione vincente del diritto
Credo proprio che qualcuno debba avere il coraggio di dirlo, meglio se in questi tempi di critiche feroci: l’Europa del diritto è stata ed è un successo. Ci ha portato regole a difesa dei consumatori, dell’ambiente e della sicurezza alimentare, ha introdotto una diffusa disciplina della concorrenza, creato norme omogenee per le imprese e le società dei diversi Paesi membri e per il riconoscimento delle sentenze dei giudici e il recupero dei crediti da uno Stato all’altro, ha favorito il riconoscimento dei titoli di studio e di quelli professionali e la mobilità lavorativa, ha tutelato i rapporti di famiglia, le convivenze, la protezione dei minori e le successioni familiari.
Se ne sono accorti anche gli inglesi in uscita, dato che il primo punto del programma della Brexit di Theresa May prevede proprio il mantenimento, con apposite modifiche della legislazione del Regno Unito, di quanto vi è stato introdotto in questi anni dalla legislazione europea.
Non dimentichiamo, poi, che noi cittadini della Ue abbiamo a disposi- zione una Corte di giustizia che può essere considerata la più importante del mondo: una giurisdizione che si estende a più di 500 milioni di abitanti; 28 ( per ora) Stati sovrani che vi sono sottoposti; culture giuridiche differenti tra loro, common law, diritto continentale, sistemi nordici; l’effettività dell’esecuzione delle decisioni assunte, sia nei confronti dei privati che degli Stati. Tutto questo non ha paragone nel mondo intero e dovremmo essere felici di essere inseriti in un tale sistema di giustizia, che più di una volta ha rimediato alle disfunzioni dei sistemi di giustizia nazionali.
Così come sta già pensando di fare il Regno Unito, qualunque Paese che voglia lasciare la Ue dovrà farsi carico di verificare quanto gli può costare l’ab- bandono di tante – utili – regole comuni.
Anche se la Ue smettesse di esistere domani, l’Europa dei cittadini e delle imprese continuerà a vivere. I tedeschi vorranno ancora acquistare casa in Spagna e in Italia e gli italiani a Parigi; si formeranno nuove coppie di persone provenienti da diversi Paesi, diventeranno proprietari di beni, li vorranno donare e scambiare, e si apriranno – inevitabilmente – le loro successioni; le imprese continueranno a voler operare nel grande mercato unico che hanno ormai imparato a utilizzare. Tutto questo avrà ancora bisogno di un sistema coerente di norme, meglio se uguali per tutti.
Non si deve sottovalutare, poi, l’influenza culturale unificante che nasce dall’applicazione di un diritto comune. Accettando e imparando a rispettare le medesime regole si impara anche a convivere e a intendersi meglio. E tutto questo può acquistare un importante valo- re economico: muoversi in un ambito normativo conosciuto e “di fiducia” fa risparmiare in consulenze ed evita ritardi e incertezze.
Ci sono, naturalmente, ancora molte cose da fare, tra le più interessanti l’armonizzazione della fiscalità, settore nel quale tutti gli Stati mai come ora sentono il bisogno di custodire gelosamente le proprie entrate.Il suggerimento potrebbe essere quello di iniziare con ambizioni limitate, magari in un campo nel quale è più facile trasmettere l’idea dell’opportunità di una tassazione uniforme, come nel caso delle successioni, sulle quali oggi ricadono imposte molto diverse a seconda dello Stato nel quale si trovano i beni ereditari, in contraddizione con il principio che vuole favorire la libertà di stabilimento dei cittadini europei nell’intero territorio della Ue.