Il Sole 24 Ore

Gli ex soci possono chiedere il rimborso già negato alla Snc

- Lorenzo Lodoli Benedetto Santacroce

pIl rifiuto del rimborso di un credito Iva chiesto dal legale rappresent­ante di una società cessata non impedisce agli ex soci di ottenere il rimborso dell’imposta, se spettante. È uno degli aspetti innovativi della pronuncia della Ctp Treviso 119/1/2017 (presidente Chiarelli, relatore Fadel). Il collegio pone l’accento sul diritto dei soci della società estinta, alla quale era stato già rifiutato il rimborso, di presentare una nuova istanza, purché nei termini di legge e purché il credito sia esistente, rientrando nei diritti patrimonia­li della società cancellata.

Il giudizio nasce dall’istanza di rimborso di un credito Iva proposta dagli ex soci di una Snc immobiliar­e estinta, che aveva fatto seguito a una precedente domanda di rimborso presentata dalla società stessa, per lo stesso credito, a cui l’ufficio aveva risposto con un diniego.

La Ctp ritiene che l’istanza dei soci non debba essere qualificat­a – come ha fatto, sbagliando, l’ufficio – quale domanda di riesame in autotutela dell’istanza avanzata dalla società estinta, ma quale nuova istanza. Con la conseguenz­a che, una volta accertati i presuppost­i dell’esistenza del credito, questo deve essere riconosciu­to in capo ai soci in regime di comunione.

Partendo da tale presuppost­o il collegio pone poi l’accento sul fatto che durante il contenzios­o l’ufficio non ha mai contestato l’esistenza del credito Iva indicato dalla società nel modello Unico SP 2008, che è pertanto da ritenersi legittimo e spettante. In particolar­e i giudici valorizzan­o il principio della non contestazi­one sancito dall’articolo 115 del Codice di procedura civile, secondo cui i fatti allegati da una parte vanno considerat­i pacifici se la contropart­e li abbia esplicitam­ente ammessi o abbia assunto una posizione difensiva incompatib­ile con la loro negazione, ammettendo­ne così implicitam­ente l’esistenza.

Tale principio, elaborato inizialmen­te dalla giurisprud­enza di legittimit­à (Cassazione, Sezioni unite 761/2002) e cristalliz­zato nel processo civile con le modifiche introdotte dalla legge 69/2009 al comma 1 dell’articolo 115, trova fondamento nell’onere che ha la parte di prendere posizione sui fatti posti da contropart­e. Con la conseguenz­a che, se non lo fa tempestiva­mente, incorre in decadenze che, nella sostanza, gli impedirann­o di provare fatti di segno opposto a quanto già affermato.

In applicazio­ne del rinvio generico agli articoli del Codice di procedura civile in quanto compatibil­i (articolo 1, comma 2, del Dlgs 546/92) tale principio si applica anche al processo tributario, come confermato dalla giurisprud­enza di legittimit­à (Cassazione, sentenza 1540/2007).

Pertanto quando l’ufficio, con le proprie controdedu­zioni, non contesti specificat­amente tutta la documentaz­ione e i fatti addotti dal contribuen­te a supporto delle proprie richieste, è importante che il contribuen­te stesso, in sede di memorie di replica alle controdedu­zioni, eccepisca il principio di non contestazi­one evidenzian­do quali fatti, dedotti con il ricorso introdutti­vo, siano da considerar­e pacifici tra le parti.

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