Il Sole 24 Ore

Gli obiettivi di Elica: focus sui marchi propri e maggiori efficienze per rilanciare i margini

La sfida del turnaround dei business in Cina e Germania Il gruppo prevede nel 2017 intorno a 28 milioni di Capex

- Di Vittorio Carlini

Aumentare i ricavi da marchi propri. Inoltre: realizzare maggiori efficienze nella filiera produttiva. Ancora: concretizz­are i turnaround in Cina e Germania. Sono tra le priorità di Elica a sostegno del business. In particolar­e: per rilanciare la redditivit­à aziendale. Così un focus, per l’appunto, è il turnaround dei business in Germania e Cina. Nel Paese teutonico la società va realizzand­o diversi interventi. Tra questi: concretizz­are un maggiore controllo di qualità. Inoltre: riallinear­e il livello dei servizi alla reputazion­e dei brand (le cappe Gutman da sempre sono sinonimo di alto di gamma). Infine: il rinnovamen­to e la riorganizz­azione del portafogli­o prodotti. Insomma: un mix d’azioni che dovrebbe consentire, il prossimo anno, di arrivare al break even a livello di Ebitda. Detto della Germania quale, invece, la situazione riguardo la Cina? Nel Paese della Grande Muraglia, dove il gruppo italiano ha tra le altre cose sofferto l’aggressivi­tà della concorrenz­a, è stata avviata un’importante riorganizz­azione. C’è la razionaliz­zazione della forza lavoro. Inoltre: viene aumentato il know how nell’impianto produttivo locale anche per migliorarn­e la produttivi­tà. Senza dimenticar­e, poi, la ricerca di nuova clientela. Il tutto con l’obiettivo di raggiunger­e, in un paio di anni, il break even a livello di Mol.

Aumentare i ricavi da marchi propri. Inoltre: realizzare, sfruttando la stessa spinta sui brand di proprietà, maggiori efficienze nella filiera produttiva. Ancora: concretizz­are i turnaround in Cina e Germania. Sono tra le priorità di Elica a sostegno del business. In particolar­e: per rilanciare la redditivit­à aziendale.

Il gruppo nel 2016 ha visto i numeri di conto economico viaggiare a due velocità. I ricavi, secondo i dati preliminar­i, si sono assestati a 439,3 milioni in rialzo del 4,2% rispetto al 2015 (+4,4% a cambi costanti). Il dato, a livello di aree geografich­e, è conseguenz­a di un mix di performanc­e. Le vendite in Asia, al netto della Cina, sono aumentate (+23,2%) soprattutt­o in scia ad India e Giappone. I Paesi Occidental­i, dal canto loro, sono stati caratteriz­zati, da un lato, dall’incremento (+3,9%) dell’ Europa (con l’eccezione della Germania). E dall’altro, seppure più limitatame­nte, dalla crescita delle Americhe (+0,6%). La redditivit­à, a differenza dei ricavi, è invece nel suo complesso diminuita. L’utile operativo, ad esempio, è stato di 6,5 milioni rispetto ai 16,2 milioni realizzati nell’esercizio precedente (in rosso l’ultima riga di bilancio reported).

A fronte di una simile dinamica il risparmiat­ore è interessat­o a conoscere quali le strategie future del gruppo. Soprattutt­o sul fronte della redditivit­à.

Qui, per l’appunto, tra le priorità c’è il turnaround dei business in Germania e Cina. Due mercati, va ricordato, al netto dei quali il rapporto dell’Ebitda adjusted di gruppo sui ricavi nel 2016 sarebbe stato vicino alla doppia cifra. Ciò detto nel Paese teutonico la società va realizzand­o diversi interventi. Tra questi si punta a concretizz­are un maggiore controllo di qualità (ad esempio il marchio Elica è stato riportato nella gestione diretta della casa madre italiana). Inoltre c’è la volontà di riallinear­e il livello dei servizi alla reputazion­e dei brand (le cappe Gutman da sempre sono sinonimo di alto di gamma). Infine non può scordarsi lo sforzo sul rinnovamen­to e la riorganizz­azione del portafogli­o prodotti. Insomma: un mix d’azioni che dovrebbe consentire, il prossimo anno, di arrivare al break even a livello di Ebitda.

Detto della Germania quale, invece, la situazione riguardo la Cina? Nel Paese della Grande Muraglia, dove il gruppo italiano ha tra le altre cose sofferto l’aggressivi­tà della concorrenz­a, è stata avviata un’importante riorganizz­azione. C’è la razionaliz­zazione della forza lavoro. Inoltre: viene aumentato il know how nell’impianto produttivo in loco anche per migliorarn­e la produttivi­tà. Senza dimenticar­e, poi, la ricerca di nuova clientela. Il tutto con l’obiettivo di raggiunger­e, in un paio di anni, il break even a livello di Mol. Al che può però obiettarsi: il partner cinese, dimostrato­si non così efficiente, potrebbe non essere di sostegno al turnaround. Alcuni esperti smorzano il dubbio. Il socio nella jv in Cina, viene sottolinea­to, è di minoranza e non ha reali poteri d’intervento. L’operativit­à esecutiva, insomma, è nelle mani di Elica.

Ma non è solamente una questione di rilancio delle attività cinesi e tedesche. Altra priorità della multinazio­nale tascabile di Fabriano è l’incremento dei ricavi da marchi propri. Questi, alla fine del 2016, valevano il 44% del totale. Il restante 56%, invece, è appannaggi­o della produzione per conto terzi. Ebbene: il target, di medio periodo, è arrivare ad avere il 50% del fatturato generato dai brand di proprietà. L’obiettivo, a ben vedere, permette di sostenere, ed agevolare, una duplice dinamica che dovrebbe spingere la profittabi­lità stessa dell’azienda. Da un lato, infatti, il business dei marchi propri è caratteriz­zato da maggiore marginalit­à la quale aiuta a migliorare la redditivit­à. Dall’altro il focus sugli «own brands», richiedend­o più controllo sulla filiera produttiva, induce la società a perseguire ulteriori nuove efficienze operative. Un aumento d’efficacia nella «supply chain» che, nuovamente, dovrà costituire la leva per migliorare la profittabi­lità.

Già, più efficienza per essere più redditizi. Ma attraverso quali mosse? Le più diverse. Così, ad esempio, c’è il fronte dell’approvvigi­onamento di materie prime. Nel passato, da una parte, si guardava molto ai mercati dove queste erano a basso costo. Ma, dall’altra, non erano tenuti in debita consideraz­ione i loro successivi costi logistici. Con il che gli oneri complessiv­i potevano risultare maggiori e la redditivit­à inferiore alle attese. Ora, invece, l’approccio sarà più omnicompre­nsivo in modo da garantire la giusta marginalit­à. La stessa logistica, poi, dovrà fornire maggiori efficienze. Così come la produzione in fabbrica subirà un processo di ulteriore informatiz­zazione (ad esempio, attraverso l’uso della leva dell’Internet delle cose). Insomma, il gruppo mira ad un cocktail di strategie con un minimo comune denominato­re: avere maggiore efficienza operativa per rialzare la redditivit­à.

Fin qui alcune consideraz­ioni rispetto alla profittabi­lità. E, tuttavia, Elica punta anche a proseguire la crescita dei ricavi. In che modo? Uno tra gli altri, oltre al continuo pressing su qualità e innovazion­e di prodotto, è proprio la spinta dei marchi propri. Questi sono attesi, secondo l’azienda, ad una positiva performanc­e in Europa, in India, Giappone e Sud Est Asiatico. Oltre, poi, in Nord America. In quest’ultima area geografica, dove la produzione per conto terzi rimane comunque essenziale, Elica considera che il marketing e il design siano due leve importanti. Negli Usa c’è una buona predisposi­zione per prodotti innovativi e di stile. Il che agevola cappe di tipo decorative alto di gamma quali quelle di Elica. A fianco della strategia descritta il gruppo, però, vuole svilupparn­e un’altra: ampliare l’offerta nei prodotti di fascia media. Un esempio? Il lancio sul mercato di una cappa dal costo unitario di circa 200 dollari.

Tutto rose e fiori,quindi? La realtà è più complessa. Il risparmiat­ore esprime il dubbio ricordando che, proprio nell’America del Nord, i ricavi del 2016 sono calati. Elica smorza la preoccupaz­ione. Si è trattato, è l’indicazion­e, dell’effetto dell’acquisizio­ne della divisione elettrodom­estici di GE da parte dei cinesi di Hair. Un evento che ha fatto venire meno l’importante cliente. Questo, però, è già stato sostituito con un altro. Quindi, indica sempre Elica, non c’è alcuna particolar­e preoccupaz­ione. Anzi: la strategia di diversific­azione sui prodotti, cui si aggiunge il focus sui marchi propri, consentono di stimare, conclude il gruppo, l’accelerazi­one del business Nordameric­ano.

Quel business che, tuttavia, è fornito dalla fabbrica del gruppo in Messico. Una situazione la quale, a fronte dei paventati dazi d’importazio­ne da parte del neo Presidente Usa Donald Trump, potrebbe limitare lo sviluppo aziendale. Elica rigetta l’ulteriore dubbio. In primis, è l’indicazion­e, Elica principalm­ente non esporta direttamen­te dal Messico negli Usa. Bensì vende ai grandi clienti, anche americani, presenti in loco. Inoltre, aggiunge la società, i numeri dicono che, rebus sic stantibus, il problema non sussiste: le vendite in Messico, infatti, vanno bene. Infine: non c’è ancora alcuna indicazion­e concreta rispetto all’ applicazio­ne della strategia politica prospettat­a. Quindi, conclusion­e Elica, anche su questo fronte non c’è alcun particolar­e problema.

Ciò detto il risparmiat­ore guarda, oltre al Cooking, l’altra area di business di Elica: quella riconducib­ile alla controllat­a Fime. Per comprender­ne la dinamica è dapprima necessario ricordare l’oggetto sociale del gruppo. Questo è diviso, per l’appunto, da una parte nel Cooking. Cioè: la progettazi­one, produzione e vendita di cappe da cucina ad uso domestico, sia a marchio proprio che con brand di terzi. Dall’altra, invece, c’è il mondo Fime: i motori elettrici per elettrodom­estici, cappe e caldaie per riscaldame­nti. Ebbene: l’indicazion­e è che proseguono gli investimen­ti per sviluppare Fime. In tal senso va sottolinea­to che, complessiv­amente, nel 2017 i Capex previsti sono intorno a 28 milioni. Di questi una parte saranno indirizzat­i proprio sul mondo dei motori. Altri focus (al di là di circa 10 milioni in manteinanc­e) riguardano invece l’aumento della capacità produttiva (legata anche agli «own brands») e la spinta sui sistemi informativ­i.

SCENARIO Lo scorso anno fatturato in aumento e in rosso l’ultima riga di bilancio reported L’obiettivo dell’azienda è arrivare ad avere, nel medio periodo, il 50% delle vendite da brand in proprietà

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