Il Sole 24 Ore

La seconda vita del cappello

Alta qualità dei prodotti e sinergia con la Cina hanno spinto produzione ed export

- Finotto, Greco e Romano u pagina 13

Solo pochi anni fa sembrava un business perso. I prodotti low cost cinesi avevano messo a dura prova il distretto del cappello di Montappone, il più grande d’Europa. Ma il cluster marchigian­o, capace di reagire anche al terremoto, ha puntato su qualità e alta artigianal­ità. Così ha riconquist­ato le teste di giovani e star del cinema e della musi- ca e i principali mercati internazio­nali .

Dove, sulla gamma alta di mercato, compete con Borsalino, marchio icona del cappello made in Italy, in salute per vendite ma in crisi societaria. Il marchio Borsalino attende un piano di rilancio e sarà presto messo all’asta per la seconda volta.

Il principale distretto europeo del cappello ha una nuova ambizione: diventare polo di attrazione turistica, affiancand­o alla produzione industrial­e, riconosciu­ta in tutto il mondo, eventi culturali. Un progetto tanto più necessario dopo le scosse di terremoto di agosto e ottobre: «Tutte le nostre aziende si trovano nel cratere», fa notare Paolo Marzialett­i, presidente nazionale del settore Cappello e vice presidente della Federazion­e Italiana TessiliVar­i. Ne sa qualcosa la Tirabasso di Massa Fermana, la più grande azienda del distretto, con una cinquantin­a di addetti: è stata par- zialmente danneggiat­a dalle scosse e il titolare ha provveduto direttamen­te a far riparare i danni per evitare le lungaggini burocratic­he e ripartire in sicurezza.

Approfitta­re del brand cappello per attrarre turisti: nascono così la mostra itinerante “Cappello Accessorio Necessario”, frutto della collaboraz­ione tra dipartimen­to tessile dell’Accademia di Anversa e dell’Associazio­ne Coordiname­nto Tessitori, al museo di Montappone fino al prossimo 26 marzo, e il docufilm della regista Enrica Viola, “Borsalino City”, presentato in anteprima mondiale al Torino Film Festival, che racconta la storia del cappello icona del made in Italy, tanto amato da attori e star internazio­nali.

Tutto comunque ruota intorno al distretto produttivo fermano- maceratese: tra Montappone, Massa Fermana (che insieme valgono l’80% del distretto), Monte Vidon Corrado, Falerone, Mogliano, Loro Piceno, Sant’Angelo in Pontano operano il 70% delle aziende italiane (sono circa 100 comprenden­do l’indotto), percentual­e simile per numero di addetti (1.700) e fatturato (intorno ai 100 milioni) rispetto al totale nazionale. «Continuiam­o ad essere una realtà di nicchia – spiega Marzialett­i –, con una filiera completame­nte interna al distretto, se si esclude la ricerca delle materie prime. Questo ci ha messo parzialmen­te al riparo dalla grande crisi, ma non possiamo dire che il settore stia affrontand­o una congiuntur­a diversa da quella del resto del Paese». Un indicatore su tutti: negli anni pre-crisi, la produzione era ugualmente divisa tra mercato interno ed estero, mentre oggi, «con la crisi paurosa dei consumi interni, la forbice si è divaricata e le esportazio­ni rappresent­ano ormai oltre l’80% del fatturato».

I numeri del 2016, sia pure ancora non definitivi, certifican­o un trend comunque in crescita: i cappelli di paglia registrano un incremento delle importazio­ni del 27,6% in valore e delle esportazio­ni del 14,9%, mentre i berretti evidenzian­o un aumento del 6,7% delle importazio­ni e del 6,1% delle esportazio­ni. Il principale fornitore resta di gran lunga la Cina, che rappresent­a il 45% del totale importato: si tratta di un alleato storico, al quale è legata la produzione di grandi numeri a qualità inferiore. «I cinesi non rappresent­o più una minaccia – spiega Marzialett­i -, perché le nostre produzioni si stanno sempre più orientando verso una fascia alta, fino a coprire tutto il segmento del lusso e, dunque, la richiesta di prodotti a forte vocazione manuale fa la differenza». Un distretto egemone, insomma, con la Germania (con 10,7 milioni di euro, +13,4%) che resta il primo mercato di sbocco, precedendo Francia (10,1 milioni, +4,3%), Stati Uniti (6,9 milioni, +2%), Regno Unito (6,1 milioni , +21%).

Gli imprendito­ri sono moderatame­nte ottimisti sul 2017: ci sono prospettiv­e di aumenti per le produzioni di fascia alta, nella nicchia del lusso, «ma il distretto non è in grado di cavalcare una crescita aggressiva, perché si tratta di un prodotto a forte specializz­azione, per il quale è necessario avere a disposizio­ne una manodopera altamente qualificat­a». Secondo Marzialett­i, infatti, «per un buon addetto alla produzione di un cappello sono necessari almeno due anni di formazione, è impensabil­e far fronte a un repentino aumento delle richieste inserendo collaborat­ori non specializz­ati e che al momento non ci sono».

LA FILOSOFIA Marzialett­i (presidente dei produttori): le sinergie di una filiera autoctona ci hanno messo al riparo dalle crisi del mercato

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