La seconda vita del cappello
Alta qualità dei prodotti e sinergia con la Cina hanno spinto produzione ed export
Solo pochi anni fa sembrava un business perso. I prodotti low cost cinesi avevano messo a dura prova il distretto del cappello di Montappone, il più grande d’Europa. Ma il cluster marchigiano, capace di reagire anche al terremoto, ha puntato su qualità e alta artigianalità. Così ha riconquistato le teste di giovani e star del cinema e della musi- ca e i principali mercati internazionali .
Dove, sulla gamma alta di mercato, compete con Borsalino, marchio icona del cappello made in Italy, in salute per vendite ma in crisi societaria. Il marchio Borsalino attende un piano di rilancio e sarà presto messo all’asta per la seconda volta.
Il principale distretto europeo del cappello ha una nuova ambizione: diventare polo di attrazione turistica, affiancando alla produzione industriale, riconosciuta in tutto il mondo, eventi culturali. Un progetto tanto più necessario dopo le scosse di terremoto di agosto e ottobre: «Tutte le nostre aziende si trovano nel cratere», fa notare Paolo Marzialetti, presidente nazionale del settore Cappello e vice presidente della Federazione Italiana TessiliVari. Ne sa qualcosa la Tirabasso di Massa Fermana, la più grande azienda del distretto, con una cinquantina di addetti: è stata par- zialmente danneggiata dalle scosse e il titolare ha provveduto direttamente a far riparare i danni per evitare le lungaggini burocratiche e ripartire in sicurezza.
Approfittare del brand cappello per attrarre turisti: nascono così la mostra itinerante “Cappello Accessorio Necessario”, frutto della collaborazione tra dipartimento tessile dell’Accademia di Anversa e dell’Associazione Coordinamento Tessitori, al museo di Montappone fino al prossimo 26 marzo, e il docufilm della regista Enrica Viola, “Borsalino City”, presentato in anteprima mondiale al Torino Film Festival, che racconta la storia del cappello icona del made in Italy, tanto amato da attori e star internazionali.
Tutto comunque ruota intorno al distretto produttivo fermano- maceratese: tra Montappone, Massa Fermana (che insieme valgono l’80% del distretto), Monte Vidon Corrado, Falerone, Mogliano, Loro Piceno, Sant’Angelo in Pontano operano il 70% delle aziende italiane (sono circa 100 comprendendo l’indotto), percentuale simile per numero di addetti (1.700) e fatturato (intorno ai 100 milioni) rispetto al totale nazionale. «Continuiamo ad essere una realtà di nicchia – spiega Marzialetti –, con una filiera completamente interna al distretto, se si esclude la ricerca delle materie prime. Questo ci ha messo parzialmente al riparo dalla grande crisi, ma non possiamo dire che il settore stia affrontando una congiuntura diversa da quella del resto del Paese». Un indicatore su tutti: negli anni pre-crisi, la produzione era ugualmente divisa tra mercato interno ed estero, mentre oggi, «con la crisi paurosa dei consumi interni, la forbice si è divaricata e le esportazioni rappresentano ormai oltre l’80% del fatturato».
I numeri del 2016, sia pure ancora non definitivi, certificano un trend comunque in crescita: i cappelli di paglia registrano un incremento delle importazioni del 27,6% in valore e delle esportazioni del 14,9%, mentre i berretti evidenziano un aumento del 6,7% delle importazioni e del 6,1% delle esportazioni. Il principale fornitore resta di gran lunga la Cina, che rappresenta il 45% del totale importato: si tratta di un alleato storico, al quale è legata la produzione di grandi numeri a qualità inferiore. «I cinesi non rappresento più una minaccia – spiega Marzialetti -, perché le nostre produzioni si stanno sempre più orientando verso una fascia alta, fino a coprire tutto il segmento del lusso e, dunque, la richiesta di prodotti a forte vocazione manuale fa la differenza». Un distretto egemone, insomma, con la Germania (con 10,7 milioni di euro, +13,4%) che resta il primo mercato di sbocco, precedendo Francia (10,1 milioni, +4,3%), Stati Uniti (6,9 milioni, +2%), Regno Unito (6,1 milioni , +21%).
Gli imprenditori sono moderatamente ottimisti sul 2017: ci sono prospettive di aumenti per le produzioni di fascia alta, nella nicchia del lusso, «ma il distretto non è in grado di cavalcare una crescita aggressiva, perché si tratta di un prodotto a forte specializzazione, per il quale è necessario avere a disposizione una manodopera altamente qualificata». Secondo Marzialetti, infatti, «per un buon addetto alla produzione di un cappello sono necessari almeno due anni di formazione, è impensabile far fronte a un repentino aumento delle richieste inserendo collaboratori non specializzati e che al momento non ci sono».
LA FILOSOFIA Marzialetti (presidente dei produttori): le sinergie di una filiera autoctona ci hanno messo al riparo dalle crisi del mercato